in musica
Roberto Giaquinto

Risiedi da tempo a New York City, città magica per il jazz e per tutto ciò che è innovativo.

New York è davvero una città come hai detto magica. Una vera è propria scuola di vita. Un continuo fermento artistico ricco di sperimentazione. Ho avuto la fortuna di assistere ad indimenticabili concerti, in luoghi sacri del jazz e non solo, ed anche di suonarci. Ricordo giornate in cui si andava da un concerto all’altro, e questo dopo aver suonato, fino a tarda sera. Ed il giorno dopo sveglia per andare ad insegnare!

Interessante.

La città ti mette a dura prova con il suo ritmo frenetico che non perdona titubanze, e non tutti quelli che si trasferiscono li poi ci rimangono. Per essere lì devi avere una missione ed una direzione ben precisa, ed è importante avere tanti amici, amici veri e persone care, ed essere parte di una community, altrimenti ti senti perso. In questo mi ritengo davvero fortunato! Sento che ho ancora tanto da scoprire a New York City ed è una città che ha ancora tanto da offrire. Lì ho avuto la possibilità di conoscere alcuni fra i miei musicisti preferiti e entrare a far parte di progetti a cui tengo davvero tanto!

Collabori con diversi musicisti e partecipi a svariati progetti…

È davvero un onore per me essere parte di progetti di grande valore artistico con alcuni fra i miei musicisti preferiti. Al di là di suonare con nomi importanti nella scena mondiale, è davvero gratificante per me far parte di progetti giovani ed innovativi in cui tutte le energie sono rivolte puramente alla sperimentazione di suoni e composizioni che spaziano fra i diversi ambiti musicali. Vedere questi gruppi crescere ed essere parte di questo filone nuovo per me è davvero uno dei motivi più importanti che mi trattengono a NYC.

Con il pianista Yakir Arbib hai formato la Band Radio Intro

Con Yakir Arbib è una vera amicizia che va al di là della musica, iniziata tanti anni fa quando vivevo a Roma. È lì che abbiamo cominciato a suonare in duo, all’inizio perché non riuscivamo a trovare un bassista sulla nostra stessa frequenza d’onda, poi è diventata una vera e propria scelta artistica. Infatti abbiamo fatto i primi concerti in duo, ed anche alcune “registrazioni prova”, fino ad arrivare al tour in Canada nel 2016, e l’uscita dell’album che raccoglie alcune delle nostre improvvisazioni durante i concerti dal vivo fatti in Canada. L’album si chiama Sketches On The Radio. La nostra è una musica totalmente improvvisata e fuori dagli schemi convenzionali, ed è un tipo di musica che richiede un ascolto molto attento, e per noi che la suoniamo, tanta consapevolezza di chi siamo umanamente e tanto rischio. È una musica in cui ci si espone molto, ed in cui i nostri caratteri musicali e le nostre personalità si completano e si scontrano allo stesso tempo.

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Roberto Giaquinto

Sei fondatore e direttore del workshopInMotionBeat Fest”, ce ne parli?

InMotionBeat Fest è un po’ una mia creatura, nata un po’ da un sogno che ho forse sempre avuto. Questo sogno, questa idea ha preso negli anni una forma sempre più definita, durante la mia esperienza a Boston, dove ho incontrato mentors come Danilo Perez e Terri Lyne Carrington, che non solo sono dei musicisti incredibili, ma anche figure impegnate nel sociale e nella direzione artistica di programmi, festival e tanto altro.

Quando è nato?

Il workshop è nato nel 2017 quando mi si è presentata l’occasione di mettere su 2 giorni di classi, tenute inizialmente da me, alla Casina Pompeiana, che mi era stata messa a disposizione dal comune, con l’aiuto di Bruno Marfé, Alberto Bruno ed Ornella Falco. Una cosa davvero in piccolo che prevedeva anche un concerto/jam finale con Yakir. Nel 2018 e 2019 la cosa si è ingrandita in maniera esponenziale, con 7 insegnanti provenienti da diversi Paesi, tutti di base a New York City e Los Angeles, con concerti in alcuni degli eventi più prestigiosi in Italia, fra cui il Jazz&Wine in Montalcino (dove eravamo in programma affianco ad artisti di calibro internazionale, come Joshua Redman, Christian McBride e Billy Hart) e tre giorni di insegnamento a Napoli e a Siena (nel 2018) e Lucca (nel 2019).

Continua…

Il tutto, rigorosamente organizzato e coordinato da me sotto tutti i punti di vista, da quello musicale, logistico e finanziario. Ovviamente con il supporto di un team da sogno fatto da musicisti eccellenti, fra i migliori della scena musicale di oggi, e persone incredibili. Nel 2018 e 2019 devo dire che ho avuto il piacere di collaborare nell’iniziativa con i fantastici Valerio Silvestro e Loredana Lubrano, che si sono rivelati un grandissimo punto di appoggio per noi in Italia! Il workshop è molto innovativo e progressivo nelle metodologie di insegnamento, e principalmente si basa sulla mia volontà di portare qui in Italia (e soprattutto a Napoli) quello che magari non ho avuto a portata di mano durante il mio percorso musicale. Lo scambio culturale ed umano è assolutamente alla base di questo progetto, le persone che seleziono come collaboratori condividono i miei stessi valori, e questo rende l’esperienza davvero unica per lo studente che entra a contatto con la nostra realtà, diventa come una grande famiglia.

Cosa ti auguri?

Mi auguro ad un certo punto di avere anche il supporto delle istituzioni, perché sono tante le idee che ho intenzione di mettere in atto, che posso apportare davvero tanto alla crescita culturale del nostro Paese. Inoltre dal momento che il Covid-19 ha fermato un po’ le cose, a febbraio è partita una serie di masterclasses online, con un guest artist diverso ogni volta, ed è stato un gran successo fino ad ora, con partecipanti da tanti diversi Paesi, fra cui Spagna, Francia, Italia, Stati Uniti, China, Taiwan, India, Australia.

Attualmente ti trovi a Napoli e nuove idee alimentano la tua attività e i tuoi contatti…

In questo momento mi trovo a Napoli, e sono pochi mesi che risiedo qui. È una cosa che in realtà desideravo da tempo, e l’avvento della pandemia lo ha reso possibile. Adoro la mia città e la mia famiglia: è un mix vincente! In questo momento sto lavorando ad un progetto a cui tengo molto, e che mi ha richiesto non poche energie e concentrazione: si tratta di un metodo per migliorare il time feel e senso del ritmo, per tutti gli strumenti. È una mia chiave di lettura su questo topic che trovo affascinante e ricco di diverse sfaccettature. Il libro raccoglie sia quelle che sono state le mie esperienze di studio con i giganti della musica, sia le mie visioni personali, attraverso una serie di esercizi che ho creato e categorizzato in diversi capitoli, volti al miglioramento del senso del ritmo.

Prosegui…

Il ritmo in musica è tutto, e credo che questo metodo possa essere di beneficio davvero a tutti coloro che intendono avvicinarsi all’argomento. Lo sto testando su alcuni colleghi, e ne sono davvero soddisfatti dei risultati. Sto inoltre componendo molta musica, con sonorità molto diverse dal solito, sperimentando le diverse strumentazioni. Adoro scrivere per archi ad esempio. Chissà se un giorno non includerò un quartetto d’archi in un mio gruppo… C’è forse una possibilità di registrare un disco a breve con alcuni musicisti americani qui in Europa, si sta ancora valutando. Intanto so per certo che a fine giugno mi recherò a Parigi per una settimana per la registrazione del disco di Yakir Arbib, con il bassista canadese Chris Jennings, che non ho avuto ancora il piacere di incontrare. Sarà sicuramente un’esperienza unica.

A bruciapelo i primi tre nomi di dischi e di jazzisti che ti vengono in mente!

A Night at the Village Vanguard di Sonny Rollins, Speck No Evil di Wayne Shorter, Ballads di John Coltrane. Ma la lista è così lunga che mi sembra ingiusto citarne solo tre…

Composizioni e improvvisazioni nei tuoi progetti…

Le miei composizioni fino ad ora hanno sempre avuto una forma molto aperta, nonostante una melodia ben chiara e definita, e sono di solito composte da diverse sezioni, che si intrecciano fra loro durante l’esecuzione. Questo tipo di formula ha sempre lasciato un grande spazio alla parte improvvisata, in cui ogni musicista del gruppo è libero di esprimersi e sperimentare. Non mi piace molto limitare i musicisti con cui suono, mi piace creare fiducia all’interno del gruppo, questo dà vita a grandi sorprese ogni volta che si esegue un brano. Credo che molti dei miei brani in questo senso siano davvero malleabili per certi versi. Ho avuto il piacere di registrarne alcuni, e sono disponibili sul sito www.robertogiaquinto.bandcamp.com per chi fosse interessato. L’EP intitolato Uneven Surfaces, è stato inoltre doppiamente interessante per me in quanto ho investito anche il ruolo di sound engeneer per l’occasione.

Un consiglio ai giovani che si avvicinano al mondo della musica…

Consiglio di ascoltare tanta musica di epoche e luoghi diversi, e ascoltare ciò che tocchi i propri sentimenti e stati d’animo, in maniera sincera, e non necessariamente perché qualcuno ha detto che è necessario ascoltare o studiare un determinato disco. Consiglio di esplorare le diverse culture e le relative musiche. Essere aperti a tutto e non giudicare subito, in modo da poter scoprire ed imparare cose e prospettive nuove. Circondarsi di persone che incoraggiano ed ispirano, e che siano oneste nei loro confronti. L’onestà è tutto. E poi chiaramente di assistere a più concerti possibili, di qualsiasi tipo! Di conoscere gente, di studiare tante ore al giorno, e suonare con gli altri il più possibile. Crearsi le possibilità se non sembrano arrivare dall’esterno. Non essere pigri ed andare con il pilota automatico, ma chiedersi sempre del perché si sta facendo una cosa, di concentrarsi sulla qualità e non sulla quantità.

Il musicista jazz oggi in America… e in Italia? Due mondi, due realtà, due mentalità a confronto…

Sì, sono due realtà molto diverse. Una cosa che sento molto forte a NYC è lo scambio fra musicisti. C’è molto confronto, ed anche supporto all’interno di questa comunità. Si supportano i concerti e le iniziative dei colleghi ed amici, si studia insieme. Certo ne siamo davvero tanti e di tutti i tipi a New York, ed il livello è davvero alto, in Italia il numero dei musicisti è inferiore, ma questo è un fatto naturale, visto che il Paese è più piccolo. Però se dovessi pensare ad una principale differenza mi viene in mente quella del confronto fra musicisti, molto presente negli Stati Uniti. Il confronto è fondamentale per la crescita.

Una tua breve definizione del jazz!

Come dicevo prima, per me è difficile pensare alla musica come generi. Ma se proprio dovessi fare uno sforzo ed associare alla parola jazz una definizione, direi che il jazz per me rappresenta libertà, personale e creativa, ma con la consapevolezza che questa libertà mi è stata “regalata” dai miei predecessori e padri di questa musica, con tanta sofferenza e dedizione. Che il jazz è una musica le cui fondamenta nascono dalla schiavitù, e certamente anche dall’unione della cultura africana con quella occidentale. Una musica che rappresenta una vittoria del genere umano, che da una situazione di sconforto è riuscita a creare un vero movimento ed una forma d’arte a tutti gli effetti. I suoi valori sono universali, ed è per questo che nonostante sia in continua evoluzione nella forma, i principi rimangono intatti.

Il tuo sogno nel cassetto?

Di sogni nel cassetto ne ho realizzati tanti, e ne ho ancora tanti da realizzare. Decisamente uno che mi viene in mente è suonare al Village Vanguard, il mio posto preferito a NYC, e suonare con i miei progetti come leader e come sideman nei teatri e festival in giro per il mondo per portare la musica che amo in giro per il mondo. Inoltre scrivere musica per film o video in generale è una cosa che vorrei sperimentare nei prossimi anni!

E dopo? 

Dopo un po’ di pausa dall’insegnamento, credo che fra qualche anno mi piacerebbe insegnare in una prestigiosa università e condividere la mia esperienza con studenti interessati e di talento. Inoltre mi piace immaginare che InMotionBeat Fest diventi una realtà di riferimento importante in Italia, e soprattutto a Napoli, creando una connessione con la scena musicale internazionale per tanti giovani e che hanno sete di conoscenza artistica, e che riesca anche ad avvicinare associazioni che si occupano di ragazzi con situazioni disagiate, e poter dare nel mio piccolo un contributo ed un aiuto a tante tristi realtà che purtroppo esistono.

Grazie e un grande in bocca al lupo!

Crepi il lupo, e grazie a te per l’invito e per la piacevole chiacchierata, ed in bocca al lupo anche a te!

DANIELA VELLANI

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