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RIMOZIONE DELLA MONTAGNA DI STERILI DELLA MINIERA BOSCO DI SAN CATALDO

di MICHELE BRUCCHERI – IL TERRITORIO. Nota congiunta a firma dell’ex sindaco Modaffari e dell’ex assessore La Rosa: “La nostra azione ha portato a compimento un capolavoro frutto del nostro amore per la Città”

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La Rosa e Modaffari
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La montagna di sterili della miniera Bosco (sezione di San Cataldo) dovrebbe essere rimossa dalla Regione Siciliana. Questa è la notizia delle ultime ore. E a tal proposito, Giampiero Modaffari (ingegnere ed ex sindaco) e Angelo La Rosa (geologo ed assessore comunale) intervengono con una nota congiunta.

“E finalmente siamo alle battute finali. La montagna di sterili, abbancati da oltre quarant’anni nell’area della ex miniera di kainite Bosco-Sezione San Cataldo, che chiuse improvvisamente i battenti nel Natale del 1985, dovrebbe essere rimossa”, scrivono.

“La Regione Siciliana, dopo un lungo iter, ha appena pubblicato l’avviso per redigere lo studio di impatto ambientale e a seguire sarà pubblicato il bando per selezionare l’operatore economico a cui affidare i lavori – prosegue la nota stampa inviata alla nostra redazione –. Insomma, un grosso risultato che darà onore ad un territorio da anni mortificato da una politica disattenta, trasformando un grosso problema ambientale in una risorsa economica per la collettività”.

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“L’abbandono di milioni di metri cubi di scarti provenienti dai processi di flottazione per il recupero della kainite, da inviare attraverso una teleferica di 18 chilometri all’impianto di Casteltermini, posto sul greto in destra idrografica del Platani, per la formazione di solfati di potassio da destinare all’agricoltura, ha solo creato un impatto ambientale di notevoli dimensioni”, aggiungono.

Era noto da tempo che lo sterile abbancato avesse un’altissima percentuale di cloruro di sodio, tanto da far pensare ad un progetto di recupero per scopi industriali, ricordano i due firmatari del comunicato stampa.

“La riconquista dell’originaria morfologia, della qualità delle acque dell’esteso reticolo idrografico sotteso alla montagna bianca (Stincone, Salito, Gallo d’Oro, Platani) e il possibile impiego del materiale in attività industriali, sono state la molla che ci ha subito spinto ad attivare un virtuoso processo di sensibilizzazione verso tutte le istituzioni che a vario titolo potevano incidere positivamente sulla mitigazione dell’impatto ambientale”, osservano Modaffari e La Rosa.

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La montagna salina

“Non sono mancati anche i momenti di scontro, allorquando arrivò al Comune di San Cataldo – da parte del Dipartimento all’Energia – l’avviso da evidenziare all’Albo Pretorio per il possibile ricoprimento dell’ammasso salino con argilla. Era il 18 giugno del 2015 allorquando illustrammo nella sede del Dipartimento la nostra non condivisione del progetto, elencando tutta una serie di criticità oggettive, che hanno portato a riflettere e ritirare la manifestazione d’interesse”, ricordano i due firmatari della nota.

“Da quel momento in poi attivammo una sequela di azioni in varie sedi istituzionali – continuano –. Il 6 ottobre 2016 illustrammo alla Regione interventi alternativi che potessero soddisfare il recupero del territorio e il successivo 13 ottobre, in un tavolo tecnico tenutosi al Distretto Minerario di Caltanissetta, ci venne posta la necessità di chiedere un parere all’Ispra sul possibile utilizzo dell’ammasso. Parere negativo che arrivò il 27 gennaio del 2017”.

“Come accettare un parere senza una preventiva caratterizzazione dell’ammasso? E se l’ammasso non può essere utilizzato per scopi industriali, per ovvie considerazioni deve allora ritenersi di rifiuto e come tale abbandonato illegalmente sul territorio. Insomma, in alternativa ci saremmo trovati di fronte ad una discarica abusiva con ripercussioni ambientali non indifferenti”, sottolineano. “Queste argomentazioni portarono alla giusta riflessione che bisognava procedere alla caratterizzazione, forti dell’alta percentuale di cloruro di sodio sostenuta dal geologo Lamberti dell’Ispea in una corposa relazione”.

Ed infine: “Cosicché, il 28 ottobre del 2017, in un tavolo tecnico tenutosi a San Cataldo, si avviò un virtuoso processo che portò il Dipartimento all’Energia a procedere alla caratterizzazione dell’ammasso. I risultati delle analisi di laboratorio su campioni prelevati durante una campagna di sondaggi dimostrarono successivamente la presenza di altissimi tenori di Cloruro di Sodio e quindi l’ovvia possibilità di recupero dei circa quattro milioni di metri cubi di materiale abbancato, con ricaduta economico-occupazionale di grande rilievo sociale”.

“Il resto è storia recente e ben nota a tutti, con l’ovvia consapevolezza che la nostra azione di Amministratori della Città di San Cataldo ha portato a compimento un capolavoro frutto del nostro innato amore per la Città e foriero di grandi benefici ambientali e occupazionali per il nostro martoriato territorio”, concludono Modaffari e La Rosa.

MICHELE BRUCCHERI

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