Michele Abbate, sindaco di Caltanissetta dal dicembre 1997 al 7 maggio 1999, è stato giustamente ricordato, nei giorni scorsi. In occasione del ventennale dalla sua morte. Un omaggio doveroso per il medico che nemmeno cinquantenne fu accoltellato davanti all’ingresso del suo studio. Individuato il responsabile che confessò, venne condannato a trent’anni di carcere. Ai suoi funerali partecipò un fiume umano. Ricordare i figli illustri della nostra terra è un dovere. Deve essere sempre un obbligo morale.
Era mio proposito dedicare questo editoriale, per i vent’anni dalla tragica e barbara uccisione, al poliedrico uomo politico, artista e professionista. Lo conobbi nell’ottobre 1998. A Serradifalco venne organizzata la prima edizione della festa provinciale dell’Ulivo. Moderai l’incontro presso la villa comunale. Un meeting importante per il tema: affrontare la spinosa emergenza dello sviluppo economico nel Nisseno. Vennero snocciolati i dati del dramma. Scrissi poi un articolo per il Giornale di Sicilia, di cui ero corrispondente.
Il parterre – quella domenica – era veramente prestigioso: Puccio Dolce (vice presidente della Provincia), i deputati regionali Franco Piro e Calogero Speziale, la sindaca di Serradifalco Cettina Blando; gli altri sindaci: di Milena (Giovanni Randazzo), Delia (Gioacchino Di Maria), Gela (Franco Gallo), Butera (Carmelo Scuvera), Sommatino (Lina Sciascia), Riesi (Giuseppe Micciché), Mussomeli (Totuccio Scannella). Ed ancora: gli onorevoli Salvatore Morinello e Filippo Misuraca, il senatore Antonio Montagnino. E il sindaco Abbate. Si soffermò, interpellato dalle mie domande, sul ruolo importante del Cefpas per lo sviluppo economico del nostro territorio. Espresse anche rammarico per le strutture dismesse, come ad esempio la caserma militare e per la mancata “iscrizione” al reddito minimo.
Al termine dell’incontro, mi fece un elogio sincero che non dimenticherò mai. Moderare un meeting con tutte quelle persone e trattare quella grave problematica non era impresa semplice ed agevole. Lo rividi mesi dopo, in occasione di una inaugurazione a Caltanissetta. E ci salutammo festosamente. Quando appresi, dunque, la brutta notizia della sua uccisione, rimasi oltremodo sconvolto. Venne spento il suo sorriso, vennero sepolti i suoi sogni e la sua speranza.
Amava la politica. Era stato anche presidente del Consiglio comunale del capoluogo. Amava il teatro, la musica ed era uno sportivo. La scuola nissena, nei giorni scorsi, e Caltanissetta con l’Amministrazione uscente l’ha ricordato. Rappresentava veramente la parte sana della città, un patrimonio del nostro territorio. Al sindaco in jeans è stato dedicato un premio. Nel senso che è stato istituito il Premio Michele Abbate ed è dedicato all’impegno dei giovani in campo sociale e culturale. Un’iniziativa lodevole, a mio avviso.
Per il ventennale, quindi, c’è stata una commemorazione funebre. È stata deposta una corona d’alloro. Abbate, ancora oggi, parafrasando il sindaco Giovanni Ruvolo, “è una coscienza di tutti noi”. Un paio di giorni dopo, sono andato nei pressi del suo studio medico dove venne ammazzato. Fuori c’era ancora la corona d’alloro. Ho fatto una breve preghiera, per lui. E per la città.
Michele Abbate, che era anche un letterato, una persona perbene e ligia al dovere, ci insegna tutt’ora ad amare il nostro territorio. Quelle coltellate hanno ucciso una persona e forse i nostri sogni. Ricordarlo sarà un modo per farlo rivivere e per coltivare nuove speranze.
Infine, un saluto affettuoso al collega Stefano Gallo. Si è tolto la vita il 10 maggio scorso. Aveva 66 anni. Uno stimato ed apprezzato giornalista. Che conoscevo da quasi trent’anni (dal 1990 e avevo appena ventidue anni). Abbiamo lavorato insieme (muovevo i primi passi, prima in redazione e poi come corrispondente) nel Giornale di Sicilia. Era una persona perbene e colta. Con me sempre disponibile e affabile. L’avevo incontrato poco tempo fa ad un seminario formativo della nostra categoria.
Ha raccontato il Nisseno. Con eleganza e serietà. Era la preziosa memoria storica del nostro territorio. Ciao Stefano.
MICHELE BRUCCHERI
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