di PASQUALE PETIX – L’ANALISI. “Una nuova epidemia minaccia la vita sociale: il narcisismo mediatico. Fu Ovidio a narrare la storia struggente di Narciso”
Una nuova epidemia minaccia la vita sociale: il narcisismo mediatico. Fu Ovidio a narrare la storia struggente di Narciso, mitico figlio di Cefiso e della ninfa Liriope, fanciullo bellissimo che un giorno vide la propria immagine riflessa in una fonte e la scambiò per una persona vera e se ne innamorò a tal punto che, nel vano tentativo di afferrarla, morì consumato dalla sua illusione. Oggi, il narcisismo è indicato tra i disturbi di personalità (disturbo narcisistico di personalità). Le persone colpite tendono a esagerare le proprie capacità e sono pervase da fantasie di successo illimitato, manifestando un bisogno esibizionistico di ammirazione.
Il fatto è che non sono capaci di riconoscere e percepire i sentimenti degli altri, e tendono a sfruttare gli altri per raggiungere i loro scopi inconfessabili. La politica e i fatti di cronaca sono pieni di personaggi di questo tipo. Purtroppo i social media hanno offerto “una piattaforma molto attraente per i narcisisti” alla ricerca di migliaia di “amici” (sic!) che inviano monologhi sulle loro attività ritenendo che gli altri debbano accettare e apprezzare ogni loro parola o foto o video. Questa attenzione sul sé li porta a un atteggiamento di autoindulgenza e in alcuni casi estremi addirittura produce un narcisismo suicida.
È recentissimo il caso dei due giovani periti in un grave incidente nei pressi di Modena subito dopo avere filmato la loro bravata in diretta su Facebook: “Facciamogli vedere a quanto andiamo… siamo solo ai 200 all’ora, faglielo vedere a quanto andiamo. Va sempre a cannella, questa macchina è un mostro… stiamo facendo i 220 all’ora”.
Per quanto possano essere casi isolati, questi fatti, dimostrano che attraverso i social ogni persona si muove in un “teatro” dove pensa di recitare sempre la parte di protagonista. In altri interventi abbiamo messo in evidenza le modificazioni più profonde che riguardano la comunicazione dei social. Quando si comunica online – si è osservato – la gente non solo sembra più brusca, aggressiva, irriflessiva. In realtà lo è davvero. Ciò perché ci si dimentica che il tono, nelle comunicazioni più tradizionali, è veicolato dai segnali non verbali, dalle espressioni facciali, dalla postura del corpo, dallo sguardo, dalla voce, dalle pause. In assenza di questi segnali è più difficile esprimersi in maniera naturale cogliendo tutte le sfumature del linguaggio umano, quindi le comunicazioni appaiono brusche talvolta aggressive proprio perché è più difficile interpretare i testi.
Si pensi ad esempio ad una frase sarcastica. In un messaggio risulta difficile identificare con precisione un commento che forse è di sfottò. Una mancanza che può originare interpretazioni errate clamorose tanto che, per rendere più leggibile il senso, sono state inventate le emoticon che non riescono ad appianare i dislivelli semantici. Come scrive una studiosa americana – P. Wallace – abbiamo avuto migliaia di anni di evoluzione per prendere confidenza con le interazioni umane in contesti faccia a faccia, e solo tre decenni per il mondo online diffuso su larga scala che ora è il luogo dove si svolge molta dell’interazione umana, con strumenti del tutto diversi.
Non solo manca il contatto faccia a faccia, ma c’è anche la distanza fisica che produce incertezza e anonimato rendendo la vita online una sorta di periferia esistenziale scambiata per il centro del mondo. Un centro dove le relazioni umane vere si sono liquefatte.
PASQUALE PETIX
(Sociologo
e docente universitario)