Ci sono momenti in cui uno speaker radiofonico, ma anche un amante della radio, perde un po’ la fiducia in questo mezzo di comunicazione. I motivi possono essere tanti, concatenazioni di cause che in qualche modo hanno a che fare con questo mondo. Chi la radio sogna di farla per davvero, magari in un’emittente degna di nota, ci mette sempre tanta passione e probabilmente sa di cosa stiamo parlando.
A volte le porte chiuse in faccia, la sensazione che certi programmi non vengano assegnati in base alla bravura ma secondo un criterio (giusto o sbagliato) che prediliga le facce televisive a discapito di veri esperti del mestiere, può anche portare ad odiare l’universo radiofonico o comunque a guardarlo con gli occhi della “disillusione”. Chi ha iniziato a fare radio da un po’ sa cosa intendiamo. All’inizio si vede questa realtà come un mondo meraviglioso (ed infatti lo è), anche se col passare del tempo ci si rende conto che persino questo ambiente è invaso dai problemi che si possono incontrare in ogni posto di lavoro del nostro Paese.
Allo stesso modo, da ascoltatore, si può arrivare a perdere la fiducia nella propria radio preferita per scelte non condivisibili di programmazione o per l’abbandono di uno speaker al quale eravamo particolarmente affezionati. Eppure, complici alcuni impegni di lavoro, ci si può trovare a rientrare a casa in una tarda serata piovosa di fine estate, guidando l’auto, con un silenzio che vorremmo sentire “riempito”. È in quel momento che decidiamo di accendere la radio e lasciarci trasportare nel suo mondo.
Così, quasi per uno strano gioco del destino, ecco susseguirsi una serie di pezzi musicali di una incredibile bellezza e poi delle voci, che magari non associamo ad un volto, ma forse è proprio questo il bello. Le sentiamo parlare come se fossero quelle di nostri amici veri, persone di cui poterci fidare e che desideriamo ci facciano compagnia. E poi le ascoltiamo dialogare con persone che si trovano in tanti posti diversi nel mondo, ognuna con la sua vita, la sua storia da raccontare e condividere con noi. In quel momento si riscopre l’amore per la radio, se ne coglie il significato più vero. In quell’istante si può capire che è una delle cose più belle del mondo, perché altro non è che una magia.
Una magia che ti fa sentire amiche delle voci, che dà spazio alla tua immaginazione, che è in grado, col suono della musica, di farti stare bene. Qualcosa che nessun altro mezzo di comunicazione passato, presente e futuro potrà mai eguagliare perché solo “lei” sa essere a suo modo unica. Ed allora torna l’entusiasmo e la carica per amarla fino in fondo, la voglia di crederci sempre e comunque per poter vedere realizzato un sogno, ma anche la gioia di poter fare già parte, in piccolo, di questo grande mondo.
È in quegli attimi che vorresti avere davanti a te un microfono, per raccontare a tutti le emozioni che stai provando. Ed è in questi casi che pensi ai racconti di tutte le persone che hanno perso fiducia o entusiasmo nei confronti della radio. In questi momenti vorresti dire loro di non arrendersi, perché la radio è davvero una cosa favolosa, basta solo ascoltarla o mettersi a farla per capirlo davvero.
La radio è senza tempo e guarda al futuro anche con il web. La radio in Italia nasce nel 1924, a Trieste sette anni più tardi con il nome di “Radio Trieste”. La sede Rai di Trieste fu una delle stazioni radio di produzione più attive a livello nazionale e, per molti anni, gli sceneggiati radiofonici qui prodotti avevano diffusione nazionale. Grazie a qualche frammento di ascolti d’epoca, faremo un viaggio insieme a Luca Rossi, nell’etere per scoprire la magia del mezzo.
Come hai sviluppato questa dote che sarebbe poi diventata il tuo lavoro? C’è stato un episodio particolare che ti ha ispirato?
In verità non so… sono sempre stato un ragazzo solare e chiacchierone, credo che derivi soprattutto da quello. Sicuramente l’esperienza nei villaggi turistici mi ha fatto crescere tanto e mi ha dato molta sicurezza nel rapporto col microfono.
Come nasce la tua passione per il mondo dello spettacolo ed in particolare per la radio?
La radio mi ha sempre accompagnato. I miei primi ricordi li ho legati ai viaggi che facevo in macchina con mio papà. Lui per lavoro stava moltissimo tempo in auto e a volte capitava che mi portasse con lui. La radio c’era sempre. E crescendo insieme abbiamo sviluppato le stesse passioni per questa o quella stazione radio. È una compagna di vita.
Descriviti usando 7 aggettivi…
Solare, disordinato, permaloso, impulsivo, generoso, ritardatario, sognatore.
Cosa significa per te fare Radio?
La Radio è condivisione. La Radio è famiglia e calore. È il più bel mezzo di comunicazione che esista. Tiene compagnia, fa riflettere, ma soprattutto fa comunità. Riusciamo ad identificarci attraverso una stazione radiofonica. È questa la magia della Radio.
Durante il tuo percorso professionale ti sei mai detto: “Ma chi me lo ha fatto fare?”
Sì. Parecchie volte. Quando ancora non era un lavoro stabile ma un hobby che accompagnavo ai mestieri più disparati per arrivare a fine mese. Ma affrontare le mie piccole, grandi paure mi ha poi regalato tutto quello che ho oggi.
Nei momenti più complicati, chi o cosa ti ha dato la forza per andare avanti?
Agli inizi la mia passione e un po’ di sana incoscienza. Oggi mia moglie, e i miei figli. Sembra banale, ma è la verità. Anche nei momenti dove ci siamo scontrati, volevo farle vedere che ce l’avrei fatta.
Il luogo comune che proprio non sopporti inerente il mondo dello spettacolo?
Essere considerati dei “giocherelloni” quando in realtà è un mestiere molto faticoso e complesso. Preparare le trasmissioni, tenere i rapporti con uffici stampa, ospiti, creare contenuti sempre nuovi tutti i giorni. È un lavoro (se fatto bene) veramente faticoso. Ma purtroppo questo non si percepisce.
Il prossimo step che ti piacerebbe raggiungere è…?
Il servizio pubblico mi affascina da sempre. È un piccolo sogno nel cassetto che ho da quando ho cominciato ad ascoltare la radio e dentro di me sentivo che questo sarebbe stato il mio lavoro. È stato ed è ancora il mio obiettivo riuscire ad arrivare lì.
L’episodio “off” della tua carriera fino ad oggi qual è stato?
Circa dieci anni fa ci fu una diretta in esterna dove tutto quello che poteva andare storto, andò veramente storto. Sotto tutti i punti di vista. Lì ho veramente temuto di non riuscire a tenere duro.
La Radio per la quale lavori che valore aggiunto ha inserito nella tua vita?
A Radio Cusano Campus devo tutto. Sono ormai dodici anni che ho la fortuna di farne parte e senza di loro non avrei imparato tutto quello che so e non avrei potuto affinare tante cose durante gli anni. Oltre ad un posto di lavoro è una famiglia, con tutti i pregi e i difetti del caso.
Grazie per essere stato nostro ospite. Ti va di mandare un saluto ai tuoi fans ed ai nostri lettori?
Spegnete tv e smartphone e accendete la radio, sempre. Scoprirete quant’è bello immaginare chi vi tiene compagnia e far vostro tutto quello che ascolterete. «La radio è l’unico oggetto vivente che abbiamo in casa. È un’amica, una compagna, un sostegno. Chi ascolta Radio Cusano Campus da tempo ci considera persone di famiglia; quando vengono a trovarci in trasmissione, ci portano dei dolci. Non amerai mai nulla come la radio che ascolti quanto entri stanco in macchina, quando sei a letto e non riesci a dormire. La radio è un amico, un parente, una presenza reale, un’anima».
ILARIA SOLAZZO
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