“Mini minos, mini minos, aprìti li porti ca vi purtu li cosi”. Con queste magiche parole, mia nonna ci raccontava che, tra la notte di Ognissanti e la festività dei defunti, i nostri cari morti, entrando da sotto le porte, sarebbero venuti dall’aldilà per portarci dei doni e per farci capire che ci volevano bene e che ci erano vicini.
Il racconto ci spaventava un po’, ma la vicinanza della nonna ci rassicurava; si andava a dormire nell’attesa del mattino e della gioiosa scoperta dei doni. Al risveglio il primo pensiero era quello di cercarli; immancabilmente si trovavano ai piedi del letto o sul comodino, su un vassoio, in bella mostra: melagrane, mele cotogne, castagne, noci, qualche biscotto zuccherato, caramelle di miele e, se l’anno era generoso, anche una “pupa di zucchero”.
I doni erano semplici, come semplici erano i desideri dei bambini e la vita di allora. Questa tradizione creava un legame tra noi e i nostri cari defunti, un filo che univa il cielo e la terra.
Oggi c’è Halloween, una festa importata dagli Usa, che non ha la magia e il significato profondo della nostra cultura religiosa e della nostra tradizione, anzi! Halloween è nata per scacciare gli spiriti dei defunti che, in quei giorni, vagavano sulla terra, ecco perché i ragazzi usano travestirsi da scheletri, da streghe, da fantasmi proprio per spaventarli e scacciarli.
Noi, al contrario, li accogliamo e li commemoriamo con le preghiere, con la visita al cimitero, con fiori e lumini. La nostra festa ha un significato profondo e non ha niente a che vedere con Halloween, ma i giovani, si sa, sono sensibili alla moda e la seguono.
Sarebbe bello che i genitori ripristinassero, con i più piccini la nostra tradizione e facessero capire che esiste un ciclo della vita nell’arco del quale si nasce, si cresce, si invecchia e si muore e che la morte non spezza i legami con i nostri cari.
GRAZIELLA MORREALE
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