L’artista romana spiega: “E’ la mia vita, la mia esperienza, che mi portano poi a scrivere delle canzoni su quello che vivo emotivamente”

 


A casa del sindaco Cettina Blando incontro la cantautrice romana Grazia Di Michele. E’ il 10 agosto 1998 ed è una serata piacevole. Dell’artista nutro una grande passione per la sua voce, dolce e suadente, serena ed espressiva. Non c’è uno sdoppiamento tra il personaggio pubblico e quello privato. E’ mite, cordiale, affabile. Ecco una parte della nostra lunga conversazione (mentre sbobinavamo la cassetta per trascrivere testualmente l’intervista, parte del nastro si è rovinato).

Quella sera, a Serradifalco, cantò bellissime canzoni con la sua voce raffinata e dolce: “Le ragazze di Gauguin”, “Giochi perduti”, “Rudji”, “Io e mio padre”, “Bahia”, “Le donne e la vita”, “Mama”, “Solo i pazzi sanno amare”, “Sha la la”… L’amministrazione comunale le donò una targa ed io ebbi l’onore di presentarla sul palco. 

Quando e come nasci artisticamente, Grazia?

Diciamo circa venti anni fa. Al Folk Studio, a Roma. E’ un locale dove sono venuti fuori molti artisti italiani, da De Gregori, Venditti, Cocciante e tanti altri. In maniera casuale. Diciamo che io sono andata lì a suonare, più che altro per divertimento, e poi ho incontrato il direttore artistico di una casa discografica che mi ha dato la possibilità di fare un contratto con una casa discografica importante e di cominciare questo lavoro.

Tu suoni la chitarra. Quando hai cominciato a strimpellare le prime note?

Io ho cominciato tardi. Devo dire che mi piaceva molto la musica, la seguivo, l’ascoltavo ma non la suonavo. Poi, mio fratello comprò una chitarra – io avevo più o meno 18 anni – e cominciai a strimpellarla, ma senza studiarla. Diciamo ad istinto, ad orecchio. Poi, pian piano ho cominciato a comporre delle canzoni, anche grazie a mia sorella che scriveva testi.

Tu sei una cantautrice, sei anche una compositrice. Questi due aspetti come si coniugano? Come nasce una tua canzone? Vorrei sapere se nasce prima il testo e poi la musica, o viceversa?

 

 

Beh, non c’è mai un metodo. Nel senso che, a volte, mi può venire fuori un’idea musicale e in seguito posso abbinarci un testo. Tante volte, invece, mi viene magari fuori un’idea di un testo e poi ci metto la musica.

Chi sono i tuoi modelli musicali, i tuoi modelli interpretativi? Ci sono dei punti di riferimento, qualcuno che ha influenzato la tua arte?

Io di musica ne ho ascoltata sempre molta. Tra l’altro, ho lavorato per tanti anni in radio e facendo un lavoro da dee jay è chiaro che ho dovuto ascoltarne tantissima. Quindi, è probabile che poi nelle mie composizioni siano venuti fuori degli accenni, qualcosa che mi è rimasto dentro di quello che avevo ascoltato e che mi era piaciuto in particolar modo…

Però?

Però, non è che mi sono posta un modello, cioè mi sono detta: ‘adesso devo pensare a scrivere, ad imitare o a cantare come questo modello qui’. Perché, tra l’altro, i miei modelli sono totalmente lontani dalle cose che faccio io, cioè la musica che mi piace ascoltare.

Senza ombra di smentita, le tue canzoni sono intrise di poesia. Ci sono, ad esempio, poeti o scrittori che hanno influenzato la tua scrittura?

No. Ma anche lì, sai, io non credo che per la scrittura si resti in qualche modo colpiti da un autore e poi si cerchi… Io credo che tutto quello che tu leggi e che vivi – che può essere, ad esempio, il racconto di una persona -, qualsiasi stimolo ti può dare la voglia di esprimere in musica quello che stai vivendo o che magari stanno vivendo gli altri. E che tu senti. Quindi, ti ripeto, non è che io quando ho cominciato a scrivere e a cantare mi sono posta dei punti di riferimento. Diciamo che è la mia vita, la mia esperienza che mi portano poi a scrivere delle canzoni su quello che vivo emotivamente.

Mentre scorre la mia voce sul nastro che pone un’altra domanda all’artista romana, inopinatamente avviene un black-out. Il nastro si rovina e si spezza. Siamo, dunque, costretti a regalarvi questa prima parte dell’intervista a Grazia Di Michele, classe 1955, che vanta una significativa carriera.

Conservo un buon ricordo di questa cantautrice e compositrice italiana. Cercherò di ripristinare il nastro. La memoria va sempre custodita. Nel frattempo, vi abbiamo raccontato la dolcezza e l’arte di Grazia Di Michele, un’artista umile, dalla voce carezzevole e dai suoni magici. Un’artista che ha rivolto uno sguardo (nel 1995 con il brano “Rudji”) anche alle suggestioni “etno”.

MICHELE BRUCCHERI

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