Andrea Camilleri, da tre lustri cittadino emerito di Serradifalco, è morto. Avrebbe compiuto 94 anni agli inizi di settembre. A metà giugno era stato ricoverato in un ospedale romano per arresto cardiaco. E dopo un mese (lo scorso 17 luglio), lo scrittore empedoclino – purtroppo – se ne è andato, in punta di piedi.
Autore di rilievo internazionale, regista, autore teatrale e televisivo, sovente ha fatto riferimento a Serradifalco, descrivendone luoghi e ambienti. Il sindaco pro tempore, Bernardo Alaimo, quell’agosto di quindici anni addietro gli conferì la prestigiosa cittadinanza emerita. Per importanti impegni familiari, quella sera, non partecipai alla cerimonia. Avrei voluto intervistarlo. E vi furono, negli anni, un paio di occasioni per rimediare. Una volta a Roma e un’altra volta nella sua Porto Empedocle. Ma per un segno del destino, quell’incontro non è mai avvenuto.
Alla notizia della sua morte (e prima ancora in occasione del ricovero urgente in ospedale), il vasto mondo social e della cultura ha fatto sentire la sua “voce”. Tutto l’affetto per l’inventore del commissario Montalbano. Ha scritto migliaia di pagine, ha venduto milioni di copie. Un clamoroso successo, editoriale e televisivo, arrivato negli ultimi anni. Si stava preparando, prima del malore, per la sua prima volta alle antiche Terme di Caracalla. Proporre lo spettacolo che narra la sua Autodifesa di Caino. “Se potessi – dichiarò -, mi piacerebbe finire la mia carriera seduto in piazza a raccontare storie e alla fine del mio cunto, passare tra il pubblico con la coppola in mano”.
“Un grave lutto ha colpito la nostra Nazione e culturalmente il Mondo intero, ma la Comunità di Serradifalco ha perduto uno dei suoi Concittadini più Illustri a cui era stata concessa la Cittadinanza Emerita nel 2004”, ha scritto il sindaco Leonardo Burgio appena si è saputa la triste e dolorosa notizia. “L’Amministrazione comunale dichiara il Lutto Cittadino”. Un piccolo-grande segnale per lo straordinario regista, sceneggiatore, produttore televisivo e scrittore di “alto spessore culturale che ha posto la Sicilia al centro della sua attività letteraria”.
Andrea Camilleri, fecondo scrittore, autore di cento libri, pubblicati in età matura era un saggio acuto e lungimirante. Chiaro il suo impegno politico e civile. Aveva perso la vista, ma non la sua singolare capacità di raccontare. Con ironia e sapienza. Non amava la solitudine. Si abbandonava – spiegano in tanti – a una disponibilità senza condizioni. Era stato – nel giugno dello scorso anno – per una notte Tiresia. Diecimila spettatoti per lui, al Teatro greco di Siracusa. Raccontò le peripezie del mitico indovino accecato dagli dèi e poi adottato dalla letteratura di tutti i tempi. Un’ora e mezza di monologo. Aveva l’urgenza di raccontare la sua passione civile. E tutti in religioso silenzio, ad ascoltarlo.
Lui, raffinato padrone dell’italiano e abile inventore del dialetto, con la sua aria bonaria e coraggiosa, all’inizio incuteva un lieve timore. Il suo avvolgente vocione, roco e carezzevole, era un piacere ascoltarlo. Camilleri ha dato lustro e prestigio ad una identità siciliana che rappresenta il forziere e il tesoro della nostra lingua italiana. Una persona veramente attenta, sensibile, curiosa, sagace. Dalla memoria prodigiosa. Ci ha fatto conoscere suoni e profumi, la sua sterminata produzione narrativa ci ha insegnato la libertà. E ad essere persone libere.
Era nato per raccontare storie, Camilleri. “Le parole che dicono la verità hanno una vibrazione diversa da tutte le altre”, affermava frequentemente. Ha lasciato una traccia importante nella Cultura. Ci ha insegnato il potere, più o meno nascosto, che hanno le storie e le parole. Gli saremo sempre grati. Cieco come Tiresia, eppure capace di fare luce con le proprie parole. Lo ricorderemo seduto nella sua poltrona, tra i suoi libri, con la sigaretta perennemente in mano questo grande scrittore, acuto regista e bravo drammaturgo. Ha vinto numerosi premi e ottenuto parecchie lauree honorus causa.
In uno scritto intitolato «Una corsa verso la libertà» cita il mio paese: Serradifalco. “Ripresi, da solo, il mio viaggio. E ogni tanto le parlavo, alla bicicletta, carezzandole la canna come se fosse la criniera di un cavallo”.
Ci sentiamo un po’ smarriti senza la sua voce, senza la sua saggezza. Conserveremo la sua tenacia e la sua forza. Ci mancherà lui, ma le sue opere lo hanno reso immortale. Come ha detto qualcuno: “Mai si stancherà di raccontare a tutti. La sua sterminata fantasia non temerà di certo l’eternità”.
MICHELE BRUCCHERI
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