Anna Aloysi
Anna Aloysi

“Otto anni fa, il 12 luglio 2016 tra Andria – Corato, è accaduto uno dei più gravi disastri ferroviari mai avvenuti in Italia, disastro che è costato la vita a 23 persone. Maria Aloysi era fra queste persone. Io Anna Aloysi, sua sorella, ancora oggi chiedo con forza Giustizia”.

Scrive alla nostra redazione. Ricorda e ripercorre la tragica morte della sorella e delle altre vittime. Prosegue: “L’impatto è avvenuto alle ore 11.06 del 12 luglio 2016. I primi soccorsi arrivarono sul posto e trovarono una scena surreale, pezzi di lamiera ovunque sparse nella campagna. Si sentivano urla di dolore, gente che gridava e si disperava, insomma i due treni si erano scontrati frontalmente tra Andria e Corato, al chilometro 51 della tratta ferroviaria Bari – Barletta”.

La macchina dei soccorsi partì immediatamente, tutti i mezzi di soccorso arrivarono sul luogo del disastro. Ma si capì subito che c’era ben poco da fare. “Quindi io, Anna Aloysi, mi sono sentita in dovere di costituire ‘L’associazione Anna Aloysi – Incidente ferroviario Andria – Corato 12 luglio 2016’”, puntualizza.

Ovviamente per ricordare “mia sorella Maria che in quell’incidente ha perso la vita per un tragico destino, andando così incontro alla morte in quel maledetto 12 luglio 2016”. “Il dolore per me – riprende – non si prescrive mai. In Italia la Giustizia non funziona da decenni, si finge di riformarla ma in realtà non avviene nulla e si preferisce favorire gli interessi corporativi che ruotano intorno ad essa a scapito dei cittadini che di fatto con i tempi lunghi dei processi non hanno Giustizia”.

Ed aggiunge: “Prova di ciò è la sentenza di primo grado, nella quale i giudici hanno deciso di non decidere, o meglio hanno voluto salvaguardare i soliti noti”. Fa sapere che la sua associazione si batterà “con ancora più forza, affinché nel giudizio di appello che inizierà a breve vengano riconosciute le responsabilità di coloro i quali hanno volutamente evitato, per interessi economici, di mettere in sicurezza la tratta Andria-Corato”.

In maniera precisa, continua: “Un ‘tragico errore umano’. I giudici di Trani avevano infatti ritenuto il disastro un tragico errore umano, mentre la Procura punta a dimostrare che la causa sia stata ben più complessa: mancati investimenti in sistemi di sicurezza adeguati, carenze nella formazione del personale e violazioni reiterate delle norme di sicurezza. Ben 373 pagine di ricorso sostengono la tesi dei Pm tranesi, che chiedono una revisione della sentenza e condanne più severe”. Anna Aloysi

Argomenta: “All’udienza, oltre ai Pm e agli avvocati degli imputati, saranno presenti anche 19 parti civili, tra cui i Comuni di Andria, Corato e Ruvo. Dopo quasi un anno dalla sentenza di primo grado, il processo torna in Corte d’Appello per fare luce su una delle stragi ferroviarie più gravi della storia italiana. Ho poche parole per commentare la sentenza pronunciata dal Tribunale di Trani: «Una grande ingiustizia»”.

“Con la sentenza di primo grado, io Anna, sorella di Maria Aloysi, sono stata colpita al cuore per tre volte: la prima, il giorno della tragedia; la seconda, quando hanno segretamente e illegalmente ‘trasferito’ la salma di mia sorella, alla quale non posso neanche portare un fiore; e la terza, con questa indescrivibile sentenza del Tribunale di Trani”.

Anna Aloysi dichiara: “Soprattutto spero che la corte di appello di Bari, si comporti diversamente, e che valuti attentamente ogni singola mancanza ed omissione. Voglio anche fare una dedica a mia sorella Maria per tutto quello che ha fatto per me anche se non è più presente su questa terra. Mi ha lasciato ricordi meravigliosi che custodisco per sempre nel cuore”.

E tuona: “Voglio anche ricordare il mio compagno Saverio, morto pochi mesi fa per un infarto, il quale ha combattuto per tanti anni al mio fianco, per le stesse motivazioni per le quali io continuo a combattere oggi. Anche lui è morto in circostanze ancora da chiarire, con soccorsi ritardati da parte del 118 e probabilmente anche per incompetenza di molti che lavorano nella sanità pugliese”.

Conclude: “È stato un altro duro colpo per me, mi sono trovata con il mio compagno, a terra e senza che nessuno mi aiutasse. Ciò ha peggiorato ancora di più le mie già precarie condizioni di salute, ma nonostante tutto, manterrò la schiena dritta per portare avanti queste battaglie”.

MICHELE BRUCCHERI

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