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Amedeo Goria, Lisa Bernardini e Michele Bruccheri

Volto noto e popolare della tv, Amedeo Goria è un giornalista sportivo della Rai. Di origine torinese, ormai abita nella capitale. Il famoso conduttore televisivo, laurea in Lettere, 63 anni, assieme a me e ad altri riceve un importante premio ad Anzio (Roma), nell’ambito del “Photofestival Attraverso le pieghe del tempo” promosso dall’associazione culturale “Occhio dell’Arte” della dinamica Lisa Bernardini. Lui per la categoria “Informazione Televisiva”, io per la categoria “Informazione Periodici”.

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I giornalisti Amedeo Goria (tiene in mano una copia de “La Voce del Nisseno”) e Michele Bruccheri ad Anzio

Siamo stati premiati, dunque, e durante la cena-spettacolo abbiamo modo di conoscerci un po’. Chi ci accompagna, in auto, nei nostri rispettivi alberghi nei giorni romani, sa anche delle nostre piacevoli chiacchierate. E il giorno dopo ci ritroviamo a pranzare insieme con diversi amici in comune. A tavola si parla abbondantemente e ad un certo punto diventa naturale intervistarlo. Dopo un pranzo gustoso e prelibato nel Ristorante Boccuccia del mio amico Mauro, ci mettiamo in un angolo per registrare la nostra lunga conversazione. Lo trovo disponibile, affabile, brillante. E durante l’intervista si commuove.

Amedeo Goria, sposato nel 1987 con la nota showgirl e conduttrice televisiva Maria Teresa Ruta (dalla quale sono nati due figli: Guenda e Gianamedeo), apre il suo cuore al cronista. E si racconta. Mi parla anche del suo intervento chirurgico. E’ stato infatti, nei mesi scorsi, sotto i ferri per un problema cardiaco. Il giornalista televisivo, che si separò dalla moglie nel 1999 e che divorziarono un lustro dopo (che vanta oltre quarant’anni di carriera), consegna queste parole al nostro microfono: “Mi piacerebbe scrivere sulle tante esperienze che ho avuto. Anche con grandi personaggi”.           

Una domanda di prammatica: quando scopri la tua passione per la scrittura e per il giornalismo?

Nella mia famiglia sono tutti medici. Non lo so. Forse il substrato della vista di siringhe, medicinali, libri di anatomia… preferivo lo sport. Io facevo atletica leggera. A 17 anni sono stato campione regionale categoria Allievi per il Piemonte dei 400 metri ostacolo. Facevo 56 secondi e 8 decimi. Tanti anni fa, purtroppo. Quindi ero molto ap-passionato di sport.

Quando hai cominciato a scrivere?

Ho cominciato a scrivere per “La Sentinella del Canavese” di Ivrea. Delle gare che facevo io, peraltro. Poi dell’Ivrea calcio. Poi sono approdato a Torino dove facevo Lettere all’Università. Sono riuscito ad entrare alla “Gazzetta del Popo-lo” con colleghi importanti. Ne cito uno su tutti: Ezio Mauro, che per tanti anni è stato direttore di Repubblica.

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Pranzo tra amici presso il Ristorante Boccuccia di Anzio

Poi?      

Nel 1980 sono andato dalla “Gazzetta del Popolo” a “Tutto Sport” dove ho fatto anche il corrispondente per tutti i giornali d’Italia, da Torino, per lo sport. Dal “Corriere della Sera” al “Giorno”, al “Messaggero”, alla “Gazzetta del Mezzogiorno”, al “Mattino” di Napoli. Veramente li ho fatti tutti. Ho scritto per tutti i giornali.

Nel 1985…

Poi nell’85 mi sono trasferito a Milano, nell’87 mi sono sposato con mia moglie. E’ stato un anno importante. Oltre ad essermi sposato con Maria Teresa Ruta, ricevetti la comunicazione che mi era stato fatto un contratto di articolo 2 a tempo indeterminato con il Tg1. Quindi, da Milano ho lavorato molto con la redazione milanese. Ho lavorato anche con Enzo Biagi, un pochino. Poi quando mi son trasferito a Roma ho condotto “Uno mattina”. Complessivamente cinquecento puntate. Ho fatto altre trasmissioni di vario tipo. Non dimenticando mai lo sport. A fine 1999 sono passato dal Tg1 alla Tgs, allora si chiamava così, adesso si chiama Rai Sport. E tutt’ora lì sono.

Questa passione c’è stata sempre, per lo sport…

Questa passione comunque c’è sempre stata, sì. Allargata ad altre cose. Io, forse spinto anche da mia moglie, quindi frequentando quello che è il mondo dello spettacolo, ho atto anche due spettacoli teatrali. Uno, che vorrei tanto ripetere, è “Il colpo della strega” di John Graham (…). Ho provato anche a fare l’attore in virtù, forse, anche del mio aspetto un po’ buffo. Un po’ sopra le righe. Per cui ho fatto tante cose. Non mi sono fatto mancare niente. Addirittura sono stato coinvolto, nel 2005, in un reality  (…).

Tu vanti una lunga e prestigiosa carriera professionale. C’è un personaggio, un nome che ha influenzato la tua scrittura, il tuo modo di lavorare, di fare giornalismo?

Mah! Ero un seguace, un grande lettore di maestri come Enzo Biagi con il quale ho lavorato un po’. Leggevo i grandi: Giorgio Bocca, Indro Montanelli. Lui, purtroppo, non l’ho conosciuto.

C’è un’intervista che ricordi?

Per quanto riguarda un’intervista importante che ho fatto, ricordo quella a Giulio Andreotti nel suo studio. Un’intervista di quasi un’ora che ho ancora in Vhs. Adesso tu, per via della tecnologia, la nostra la riverserai nei dischetti, nel cd (ride, ndr). Ricordo anche che Andreotti mi concesse una breve intervista telefonica, per “Uno mattina” quando uscì dal suo albergo a Palermo per la sua prima e storica udienza nel carcere bunker dell’Ucciardone in quello che era definito il processo del secolo.

E sul fronte sportivo?          

Beh, qualche scoop! La mia carriera è stata, tutto sommato, fortunata. Potevo fare di più. Mi piacerebbe forse scrivere sulle tante esperienze che ho avuto. Anche con grandi personaggi. Dalla frequentazione con Gianni Agnelli a Berlusconi, ai campioni dello sport, a campioni anche della vita normale. Come ad esempio il mio caro amico, avvocato, Attilio D’Amico che frequento quasi quotidianamente. E’ stato legale di tanti personaggi. L’altro giorno, ad esempio, si parlava di Franco Califano. Mi ha raccontato degli aneddoti. Che vorrei, magari, trasferire in un libro. Potrebbe anche essere divertente.

Nel corso della tua lunga carriera e nei tuoi programmi, certamente avrai vissuto dei momenti particolari. C’è un aneddoto peculiare che vuoi raccontarci, oggi? Ti  sbottoni, per i nostri lettori?

Diciamo che questo coincide con un evento molto importante per la storia dello sport italiano. Mi riferisco alla finale dei Mondiali del 2006 allo stadio di Berlino fra Italia e Francia. Io ero adibito, come spesso è successo, alla tribuna vip prima della partita che non era alle 20.45. La finale si disputava alle ore 20. Arriva il presidente della Repubblica che era Giorgio Napolitano e concede l’intervista alla Rai prima della partita della finale dei Mondiali. Mi si avvicina il presidente. In quel momento era appena partito – erano circa le 19.40 – un blocco pubblicitario di quattro minuti ed io avevo accanto il presidente della Repubblica italiana che non potevo trattenere per quattro minuti. Era un’eternità.

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Amedeo Goria, Lisa Bernardini e Michele Bruccheri

Prosegui.

Dopo circa cinquanta secondi, Napolitano mi dice, con educazione e grande garbo: “Scusi, la facciamo?! Non vorrei che Chirac o la Merkel – come battuta – mi prendessero il posto”. Fra i commensali, anzi, tra gli spettatori c’era anche Bill Clinton che allora era il presidente degli Stati Uniti al quale non fregava nulla del calcio. Lui si abbuffò – nel buffet – mangiando del pollo. Lo ricordo. E allora io ero abbastanza imbarazzato. Fremevo. Ero col presidente della Repubblica e cercavo di trattenerlo. Ma cosa gli racconti?! Una storiellina?! O una barzelletta?! Ad un certo punto mi sono avvicinato alla telecamera e ho detto all’addetto che era sul pullman regia – era il collega Jocopo Volpi -: “Che facciamo?!”. E lui rispose: “Registriamo e la mandiamo in onda subito dopo”. L’abbiamo registrata questa intervistina che poi ha portato fortuna perché l’Italia ha vinto il Mondiale.

Cerchiamo anche di conoscere la sfera privata di Amedeo Goria. Sono curioso di sapere che genere di libri leggi, abitualmente? Chi sono i tuoi scrittori preferiti, ad esempio?

Sono abbastanza disordinato nelle letture. Mi piace John Grishman. Mi piace Camilleri. Tu sei siciliano. Adesso è un momento di grande passione per l’arte. Giro moltissimo per musei. Sto acquistando un quadro abbastanza significativo. Per cui sto leggendo un libro della Ashton che è una scrittrice esperta d’arte: come guardare un quadro, come leggere un quadro. Ed è molto interessante (…).

E la televisione?

La televisione la sto vedendo, francamente, molto poco. A parte le news ed eventi sportivi. Io facevo atletica leggera…

Recentemente hai avuto un infarto…    

Sì, ho avuto anche qualche piccolo problema di cuore. Se ne è parlato abbastanza, mi ha fatto piacere. Ho avuto la riparazione della valvola mitralica, che cominciava a prolassare. Mi avrebbe dato, anche in tempi piuttosto brevi, degli scompensi cardiaci che era meglio evitare. E’ stata riparata e non sostituita dal dottor Marco Diena che è di un’abilità straordinaria. Questi interventi durano anche quattro ore e mezza. Ti fermano il cuore per un’ora. Te lo fanno con una sorta di computer (…).

A te è andata bene e ironicamente hai detto: Mi avete allungato la vita di un’ora…

(Ride e sorride, ndr). Se ogni ora che ti fermi, potessi guadagnare dieci anni… Accetterei di fare un’operazione ogni sei mesi!

Sportivamente, per quale squadra di calcio tifi?

Oramai sono uno dei più distaccati. Ho seguito la Juventus, Trapattoni e gli Agnelli. Ho seguito – pensa quanto sono vecchio – la vittoria dello scudetto del Torino del 1975-1976. Ricordo ancora la fiaccolata a Superga dopo la vittoria. Boniperti mi definiva un po’ granatino. Io invece no, ero di famiglia vagamente juventina.

Poi?

Poi sono stato a Milano ed ho assistito l’arrivo di Berlusconi al Milan, complice il mio amico Gianni Nardi. Che non c’è più adesso. Fu quello che quando il Milan rischiava il fallimento, dopo il crollo finanziario di Farina, permise lo sblocco delle azioni … Ho seguito il “triplete” dell’Inter. Ero abbastanza amico di Mourinho quando nel 2010 ha fatto il “triplete” con la vittoria di Madrid. Mi diede la prima intervista, me l’aveva promessa, per annunciare un po’, malamente e poteva risparmiarsela, che lasciava l’Inter. Nel momento della gioia e del trionfo… quella fu un’intervista esclusiva. Adesso da anni sono a Roma. Sono abbastanza amico di Totti, di tanti giocatori. Eusebio Difrancesco, nuovo allenatore e mio vecchio amico… Della Lazio… sono ormai abbastanza agnostico, seguo la nazionale quando capita.

Sei stato diplomatico ed ecumenico…

E’ la verità. Una volta tifavo non tanto per la squadra, ma per l’importanza del servizio…

C’è un’intervista che avresti voluto realizzare e che per mille ragioni non sei riuscito a fare? Magari un rammarico?  

Oggi su La Repubblica c’è la terza o la quarta intervista che Scalfari fa al Papa. Non ho rimpianti per interviste non fatte. Forse occasioni mancate perché una volta la tecnologia non c’era. Adesso ci si fa i selfie. Ho vissuto con esponenti importanti della famiglia Agnelli, Berlusconi. Potrei avere un repertorio di immagini con questi grandi personaggi… Ero amico di Platini, ad esempio, quando mi portò con altri due colleghi in una scuola di calcio che lui aveva in una cittadina francese. Ci insegnava a battere le punizioni. Ma guardiamo avanti.

Musicalmente, quali sono le tue canzoni preferite?

Ma guarda, l’altro giorno ho seguito il concerto di Vasco Rossi in televisione perché l’amico Dino Vitola mi ha chiesto – per amicizia – mi ha man-dato quattro domande per mail a cui rispondere su Vasco. A lui sono legato. Vitola non sapeva che ho un aneddoto legato a Vasco Rossi. Sedici, diciassette anni fa eravamo in Sardegna. C’era la barca di Vasco. Viene raccontato in questo libro che uscirà su di lui che raccoglie tante testimonianze. Io ero con la mia ex moglie. Eravamo sulla barca. Su quella di Vasco, ricordo, c’era Franco Pini, Diego Abatantuono… Eravamo un gruppo di persone. Ci invitarono sulla barca di Vasco. Ricordo sempre che noi ci tuffavamo, lui no. Allora gli chiesi: “Ma come, hai cantato Vita spericolata e non ti tuffi?”. Lui sornione, se ne stava sulla plancia di comando come un generale a guardare gli altri…

Continua Amedeo.

Ricordo anche che mia moglie si era addormentata, supina sul materassino. Andai a svegliarla dicendole: “Maria Teresa, sono due ore che dormi”. Lei si alzò un attimo e nel momento in cui si alza si copre con il reggiseno il seno. Talmente erano bravi i paparazzi sui canotti, pronti a scattare le foto, che dopo due-tre settimane uscì su un settimanale l’unico topless della mia ex moglie. Ci fu questo aspetto fotografico curioso.

Qual è la tua migliore virtù?

Sono sostanzialmente buono. Vuol dire che… Sono filosofo. Mi considero, tutto sommato, abbastanza fortunato. Ho molto il senso delle cose che passano (..). Sono conciliante.

Qual è invece il peggior difetto da rimuovere dal tuo carattere?   

A volte sono incostante. Forse dovrei applicarmi di più su certe cose. Ho buttato via molte occasioni della mia vita… Uno raccoglie poi abbastanza quello che semina. Io certe volte ho seminato male, non sono mai stato troppo vicino al Potere. Ne sono sempre fuggito. Spesso sono stato più vicino alle persone più umili che ai potenti che invece avrei potuto corteggiare. Non sono un adulatore.

Qual è il giorno più importante o più felice della tua vita, Amedeo?

Indubbiamente il matrimonio nell”87. E’ stato un giorno importante. Avevamo a Torino a villa Sassi – mia moglie era molto conosciuta -, c’eravamo tremila persone. Del nostro matrimonio ne parlavano i giornali. Pensa che i testimoni di nozze erano, per me, Sandro Ciotti e Tito Stagno, per mia moglie Walter Zenga e un amico ufficiale dei carabinieri. Poi la nascita dei figli.

E il peggiore?

Forse è stato… Certamente la più lacerante è stata la scomparsa di mia mamma. Io avevo diciotto anni, ero figlio unico e lei ne aveva cinquanta. E adesso, nel luglio dello scorso anno, la morte di mio papà. E’ arrivato quasi ai 94 anni. A mio papà mi ispiro, al quale devo tutto. Devo molto (la voce di Goria si incrina leggermente e si commuove, vedo l’emozione nel suo sguardo, ndr).

A conclusione, hai la possibilità di scrivere su un biglietto un messaggio. Di inserirlo in una bottiglia e di lanciarla a mare aperto. Cosa scriveresti?

Fate del bene agli altri perché questo bene vi tornerà anche indietro e così farete del bene a voi stessi.

MICHELE BRUCCHERI 

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