di PASQUALE PETIX – IL RAPPORTO. In esclusiva, l’analisi del sociologo sulla situazione socio-economica della provincia di Caltanissetta. Ecco i dati principali e una sintesi ragionata
Da diversi mesi la nostra quotidianità è stata deformata dalla diffusione del contagio da Covid-19. La pandemia ci ha costretti ad adottare sconvolgenti misure quali la quarantena, il distanziamento sociale, l’utilizzo di mascherine. Tutto in virtù della necessità fondamentale: la tutela della salute pubblica. Ma quali sono le conseguenze sociali ed economiche? Quali gli effetti sul Mezzogiorno perché, si sa, i guai chiamano altri guai. Sebbene il Coronavirus abbia avuto una minore diffusione nonostante ciò determinerà un calo del PIL del 7,9 per cento. A destare maggiori preoccupazioni, stando ad un recente studio dallo Svimez, sono “le medie e grandi imprese meridionali soggette al rischio di default, in quanto ancora potenzialmente indebolite dalla precedente crisi economica del 2009”.
Questo perché il Sud è stato “asfissiato da ataviche criticità strutturali” già prima dell’avvento del Coronavirus. Sappiamo che è una storia già vista perché l’abbandono al proprio destino del Mezzogiorno è un modello culturale duro a morire, sempre vivo nella testa di chi detiene responsabilità politico-economiche.
Questo modello quando le cose vanno bene guarda al Sud come mercato fornitore di manodopera e a cui vendere le merci prodotte al Nord. Quando invece le cose vanno male il Sud è una rogna e basta. Poi all’interno del Sud vi sono realtà con problemi ancora più rognosi ad esempio le aree interne della Sicilia ad esempio la provincia di Caltanissetta.
Geograficamente la provincia di Caltanissetta rappresenta il baricentro della Sicilia ed è formata da 22 comuni mentre si estende su una superficie territoriale di 2.128 Kmq; conta 262.458 residenti secondo i dati ISTAT 2019. (Tab.1)
In dieci anni ha perso 10.460 residenti pari a -3.84 per cento. (Tab.2)
Da come si può vedere la perdita di “popolazione attiva” inizia negli anni 2007/2008 ovvero quando cominciò la crisi economica più pesante del dopoguerra.
La tabella n.3 evidenzia le conseguenze socio-demografiche.
Questi dati evidenziano che l’indice di dipendenza strutturale ovvero il carico sociale ed economico della popolazione non attiva (0-14 anni e 65 anni ed oltre) su quella attiva (15-64 anni) sia stabile: nel 2019 ci sono 53,2 individui a carico dei 100 che lavorano. E’ aumentato invece notevolmente l’indice di ricambio della popolazione attiva che rappresenta il rapporto percentuale tra la fascia di popolazione che sta per andare in pensione e quella che sta per entrare nel mondo del lavoro (15-19 anni): nel 2019 l’indice di ricambio è stato 111,3 (era 77,3 nel 2007) il che significa che oggi la popolazione in età lavorativa è molto anziana come per altro è dimostrato dall’indice di struttura della popolazione attiva: passato dal 74,3 del 2007 al 117,0 del 2019.
Sempre la tabella n.3 rende visibile lo stato comatoso, dal punto di vista demografico, della provincia di Caltanissetta: il tasso di natalità è passato dal 9,7 del 2009 al 7,6 del 2018; l’indice di mortalità in 10 anni è passato dal 9,8 al 10,9.
La tabella n.3 rende più pesante l’analisi. Le cifre danno conto di un saldo migratorio sempre negativo. La provincia non ha mai perso i connotati di una terra di emigranti. Se si fa eccezione per l’anno 2013 per il resto dai comuni nisseni si nota una sempre più forte spinta migratoria verso il nord visto che anche i paesi europei più forti economicamente hanno intrapreso delle politiche per contrastare l’immigrazione non solo quella extraeuropea. Il risultato è che la provincia di Caltanissetta non è mai stata una provincia per giovani. In migliaia hanno preso la valigia per andare a studiare nelle università del nord Italia e per tentare di progettare il loro futuro lavorativo che di questi tempi però appare del tutto incerto in qualsiasi parte del Paese.
PASQUALE PETIX