sapere
Pasquale Petix

“So di non sapere”. Ad affermarlo, una volta per tutte, è stato Socrate circa 2.500 anni fa. L’asserzione mette ciascuno dinanzi ai propri limiti e continua ad essere il principio di ragionamento più razionale e funzionale da tenere sempre presente nelle varie circostanze della vita. Ma non è affatto facile.

Tempestati dalla mole di informazioni provenienti dall’ambiente sociale valutare con razionalità e logica ogni dato richiederebbe un ingente consumo di risorse sia cognitive che culturali senza dire del tempo necessario.

Ciò vale soprattutto per le situazioni che richiedono una risposta rapida per proteggersi da minacce che riguardano, ad esempio, la salute.

Sappiamo che il cervello umano non è in grado di elaborare continuativamente le informazioni secondo i principi logico-formali o secondo procedure statistiche. Il cervello è un organo straordinariamente complesso e sofisticato ma non è un computer. Allora cosa fa? Le connessioni neuronali confermano, raccolgono e recuperano le informazioni in modo limitato, parziale.

Si tratta di un’attività di semplificazione (detta bias) che consente di interpretare i dati in modo da risparmiare risorse mentali e dare una veloce risposta alle sollecitazioni ambientali. Il bias filtra selettivamente le informazioni coerenti con il proprio sistema di credenze così riduce o azzera la dissonanza e il disagio emotivo. Il bias di conferma si può considerare una tendenza naturale del ragionamento umano perché risponde ai vari scopi psico-sociali dell’uomo.

Tutti abbiamo sperimentato questo tipo di bias. Anche se la mente è flessibile, durante alcune delle nostre riflessioni e valutazioni, questa forma di distorsione cognitiva può attivarsi, può entrare a far parte del nostro ragionamento con esiti talvolta anche negativi se non rovinosi.

Tra l’altro queste dinamiche sono anche alla base del fenomeno “fake news”. E durante la pandemia abbiamo avuto vari esempi di questa forma di distorsione cognitiva. Quante persone hanno negato l’esistenza del virus? Quante hanno spiegato la pandemia come frutto di un complotto? Quante ancora rifiutano il vaccino sulla base del proprio pregiudizio?

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Pasquale Petix

Una persona di orientamento novax si nutrirà solo di informazioni conformi alle sue idee. Cerca notizie per confutare le prove sulla validità del vaccino o mettere in discussione l’integrità degli scienziati o ingigantire i loro disaccordi o esagerare la percezione del rischio di effetti collaterali o appellarsi alla libertà personale come valore da difendere a qualunque costo dimenticando che la mia libertà finisce dove inizia quella dell’altro.

Su internet, sui social fa ricerche specifiche solo in sintonia con la propria ipotesi di partenza perché in realtà non vuole un confronto costruttivo con chi gli può offrire informazioni di segno contrario. Il risultato finale è quello di radicalizzare la sua posizione di partenza. E l’estremismo è foriero di danni personali e collettivi.

Ecco perché, la strada migliore per invertire l’atteggiamento mentale negativo, è quella del dialogo, del confronto e non dell’obbligo vaccinale. Occorre far capire ai novax che se possono nutrire una grande fiducia nelle proprie idee, tuttavia rimangono pur sempre dei semplici pensieri che possono essere errati, incompleti, deformati.

E, alla fin dei conti, accettare altre informazioni “sapere di non sapere” non significa demolire la propria identità, anzi è il modo più vantaggioso per renderla più ricca.

PASQUALE PETIX

(Sociologo e docente universitario)

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