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Donne afghane

“Le madri erano disperate, i talebani le picchiavano. Si sono messe a gridare, ‘salvate il mio bambino’, e ci hanno gettato i figli. Alcuni sono caduti sul filo spinato della recinzione. Quello che è successo è terribile. Alla fine della notte non c’era un uomo tra di noi che non stesse piangendo”. Queste le parole di un paracadutista inglese… quest’immagine mi riempie la mente e il cuore perché è inaccettabile per una società civile come la nostra che tutto ciò possa accadere…

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La professoressa Sonia Zaccaria

E pensare che nel 1919 con il regno di re Amanullah (1919-1929) alle donne afghane era stato concesso il diritto al voto quando in Italia invece le donne voteranno solo nel 1946; e ancora nel 1921 in Afghanistan il matrimonio forzato era stato abolito, assieme a quello infantile, erano state anche poste restrizioni sulla poligamia, cosa molto comune nelle zone rurali del paese. In ogni caso le riforme continuarono e dal 1953 si diede alla donna la possibilità di partecipare alla vita pubblica del paese.

Nel 1960 la nuova Costituzione sancì la loro partecipazione alla vita politica, economica e sociale. Infatti nel 1964 le donne non ottennero solo il diritto di voto ma anche la possibilità di essere elette in cariche elettive, traguardo notevole questo. Nello stesso periodo comunque vivevano anche come casalinghe e fu una rarità avere donne al governo. Un rarissimo esempio è quello di Meena Keshwar Kamal (1956-1987), che all’età di 21 anni fondò coraggiosamente l’Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane, anche se venne uccisa a soli 31 anni.

Il ritiro delle truppe Usa dall’Afghanistan avrà conseguenze terribili per le donne, queste perderanno sicuramente tutti i diritti cosi faticosamente e drammaticamente conquistati dopo il 2001, anno della caduta del regime talebano. Le donne erano riuscite ad entrare in Parlamento (rappresentando il 27% del totale), più di centomila donne si erano iscritte all’università e 3,5 milioni di ragazze a scuola. Molte di queste oggi sono medici, docenti e avvocati. Le donne finalmente avevano ottenuto gli stessi diritti dell’uomo con l’entrata in vigore della nuova Costituzione del 26 gennaio 2004, ricalcando quella del 1964.

Certo c’era, sicuramente, ancora tanta strada da fare, da percorrere per il raggiungimento della parità di genere, nonostante le battaglie vinte per ripristinare il codice civile del 1976 e quello di famiglia del 1971. E’ pur vero che la violenza contro le donne in tutto il paese ha continuato ad imperversare, nonostante la situazione stesse migliorando grazie anche all’aiuto delle comunità internazionali. Queste donne considerate “angeli” del focolare domestico, verranno comunque considerate incapaci di rispondere alle richieste di un paese in crescita.

Nelle zone rurali infatti, dove i capi tribù decidevano tutto, l’adulterio era punibile con la lapidazione; mentre in altre zone le adultere potevano essere punite con una reclusione servendo il loro capo tribù. Il codice civile afghano del 1976 restaurato nel 2001, prevede invece che la donna adultera venga punita con la reclusione.

Sempre nelle zone rurali era spesso imposto l’utilizzo del burqa, che spersonalizza le donne, facendole diventare le ombre di sé stesse, mentre nelle zone più sviluppate, come nella capitale Kabul, era possibile incontrare donne con l’hijab o che utilizzavano anche abiti considerati occidentali.

Nel 1978 il Governo concesse gli stessi diritti alle donne in tutti gli ambiti, come quello di scegliere marito e di far carriera, diritti annullati quando i talebani presero il potere. Negli anni dell’occupazione sovietica le donne ottennero il diritto all’istruzione e all’emancipazione dall’uomo, anche se, in ogni caso, la mentalità da sempre conservatrice e patriarcale è prevalsa, anche in quel periodo.

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Donne dell’Afghanistan

L’adulterio divenne punibile con l’esecuzione nel 1992 e il velo divenne obbligatorio, ma non il burqa (fino al 1996). In quel lasso di tempo era ancora possibile incontrare donne con hijab all’iraniana o anche abiti colorati che tradissero la vanità e la dolcezza dell’essere donna. Le donne così continuarono a lavorare e molte disposizioni del 1964 rimasero in vigore. Ma, nel 1996, con l’arrivo dei talebani, la situazione divenne drammatica.  

Dal 1996 al 2001 i talebani, ossessionati dall’idea di dover annullare la figura della donna, introdussero cambiamenti sociali radicali: relegarono le donne in casa con la possibilità di uscire solo se accompagnate da un uomo. Il burqa divenne obbligatorio con divieto di usare cosmetici, smalto e gioielli. Venne proibito loro di ridere, di lavorare e di frequentare la scuola. Nessun uomo avrebbe dovuto rivolgere la parola ad una donna e questa non avrebbe nemmeno dovuto guardarlo negli occhi o stringergli la mano.

Tutte le donne presenti in radio, in televisione e in uffici pubblici dovettero abbandonare il loro lavoro. Vennero proibite le biciclette e tutti i tipi di sport possibili per le donne. Vennero chiusi tutti i bagni pubblici femminili. Dietro ai loro burqa, se malauguratamente i loro passi fossero giunti all’udito di un estremista, rischiavano di essere fustigate pubblicamente. Incredibilmente vietarono alle donne anche di utilizzare calzari rumorosi; il rumore dei tacchi divenne vietato nel luglio 1997.

Annientarono così la femminilità delle donne per cancellarne il suono, il profumo, il colore… Tantissime furono le donne giustiziate per adulterio. Fino al 1994 (per poi riprendere nel 2001), le donne avevano potuto essere medici, ingegneri, infermiere per poi venir segregate in casa, con vetri oscurati per evitare che qualcuno, da fuori, avesse potuto scorgerle. Molte donne si lasciarono morire, altre si suicidarono, anche dandosi fuoco, oppure morirono semplicemente per mancanza di cure mediche o di parto naturale, visto che non potevano più essere visitate da medici uomini e le donne medico non esistevano più.

Le donne diventarono solo fattrici di figli ma continuarono a pensare, a sognare la loro libertà e infatti la lotta per la “riemancipazione” femminile in Afghanistan ricominciò subito dopo la fine dei talebani nel 2001. Tutti i divieti imposti alle donne durante il regime talebano furono abrogati. Riottennero il diritto di voto, le bambine ritornarono a scuola indossando come divisa ufficiale l’hijab bianco e un abito nero.

Grazie al coraggio di politiche e attiviste, dal 17 settembre 2020 anche il nome della madre è apparso nella carta di identità dei loro figli. Il 15 agosto 2021, data spartiacque, però i talebani hanno ripreso in mano Kabul e alla luce della storia ci chiediamo quale sarà il futuro delle donne in Afghanistan… Le donne preoccupate infatti, il giorno dopo la ripresa al potere dei talebani, sono scese per le strade a manifestare per i loro diritti. ancora una volta, ma adesso con una maggiore consapevolezza, quella di poter perdere sé stesse.

Hanno paura di tornare al passato, un passato intriso di violenza e sofferenza. Intanto si susseguono immagini shock come quello di una ragazza afghana, un grido tra lacrime senza nome ma con un volto segnato dall’angoscia, ci chiede aiuto e dice: “A nessuno importa di noi…”.

La storia di questa e delle altre ragazze ci appartiene, come la storia di Fariba: ”chiusa in cantina, mi sento come Anna Frank”, racconta di aver provato a scappare dall’Afghanistan ma di non essere riuscita nel suo intento. Dice: ”ho mandato già tantissime email, mi aggrappo a qualsiasi opportunità sembri praticabile per venir fuori da qui, ho chiesto un visto in Francia, in Canada, negli Stati Uniti, in India, in Italia. Controllo la posta elettronica di continuo, non ho ancora ricevuto risposta: né sì, né no, silenzio assoluto”. E continua: ”ho lavorato come attivista per i diritti umani, sono chiusa tra quattro mura, ci portano riso e verdure per sopravvivere”.

Ma dov’era l’Europa mentre tutto questo stava per accadere? Gli Stati Uniti hanno deciso da tempo di lasciare l’Afghanistan, non è accaduto tutto da un momento all’altro, tutti sapevano di questa tragedia annunciata; ma come spesso accade tutti si svegliano improvvisamente, è una sconfitta questa, degli Stati Uniti ma anche dell’intera Nato, cosa rimane di quei valori e di quelle libertà atlantiche messe per iscritto dal Presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt e dal primo ministro Winston Churchill nell’agosto del 1941?

Occorre una seria autocritica da parte dell’intera comunità internazionale tramite diretto intervento delle Nazioni Unite. Ho la speranza però che le nuove generazioni afghane, donne e uomini, formate a scuola e all’università, che hanno una coscienza laica non si arrendano mai alla supremazia talebana rendendo così non vano il sacrificio di tante vittime, afghane e non, in questi duri 20 anni.

Cosa faranno domani quelle madri costrette a lasciare i loro figli in mani sconosciute? Come potranno continuare a vivere con questo macigno sul cuore? Come potranno respirare sognando i loro figli lontani? Queste sono le domande emotive che però non possono essere disgiunte da un pensiero razionale, sono necessarie per smuovere coscienze di governi sordi al grido di dolore dell’Afghanistan.

SONIA ZACCARIA

(Docente di Storia e Filosofia presso un liceo di Caltanissetta)

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