CULTURA. La prima lirica si intitola Icaro. Segue “Cosa siamo” (Poesia delle domande inutili). Si completa la terna con Ruanda. L’autore – di cui conosciamo l’identità – intende rimanere anonimo

L’autore vuole rimanere anonimo. «Ruanda» è dedicata alle vittime della sanguinosa guerra civile che ha avuto luogo in quella nazione nel periodo 1990-1993 (la poesia è datata 14 settembre 1994) e del successivo genocidio della popolazione tutsi, dove trovarono la morte oltre mezzo milione di civili, nella totale indifferenza del mondo occidentale. Tutti questi versi sono pubblicati oggi in esclusiva su «La Voce del Nisseno» (m.b.)

ICARO

Ho volato alto

le mie ali vicino al sole,

io, novello Icaro,

sopravvissuto

alla notte dei tempi,

a sovrastare

le montagne,

lieve e leggero

come piuma d’uccello,

l’aria fredda

sulle gote

a congelarmi

ogni emozione,

un sottile fremito

e un batter di ciglia.

Come tanto tempo fa

mi scopro

a navigare gli oceani

assecondando

la rotondità del mondo

che io, un tempo,

credevo piatto.

E sotto a me

la vita,

a scorrere lenta

e velocissima,

eternità e istante

nella continua lotta

tra notte e giorno

tra amore e noia

tra libertà e morte,

finchè giungo

all’orizzonte

dove gli opposti

si toccano

e si assapora

la somma libertà

solo nella morte.

Il sole

sempre più vicino

immenso e caldo

fonte di vita

e di calore,

eterno padre

affettuoso e paziente.

Le mie ali bianche

si muovono

lentamente

e io mi faccio cullare

dall’aria

dalle correnti

dal vento,

eterno alito

di qualcuno

che da sempre

tiene in mano

questo palpitante mistero

che noi

chiamiamo mondo.

Ma io sì che scoprirò

cosa c’è al di là

del sole,

nel buio eterno

oltre la luce,

oltre l’aria,

l’acqua,

il vento,

e il mare.

Per questo

volo!

Per poter dire a tutti

di aver visto

il niente

di avere ascoltato

il silenzio.

La terra

è ormai lontana,

mi giro un attimo

per guardarla

questa palla rotonda

brulicante di vita.

La guardo

ancora una volta

poi via,

verso il buio

che, come sirena,

mi attira

accogliendomi

tra le sue fredde braccia.

Chissà se un giorno

tornerò,

amore mio,

a baciarti le labbra.

Ti lascio comunque

il mio sogno,

il sogno di Icaro

il sogno di un uomo

che ha messo

le ali

ai suoi sogni.

*

COSA SIAMO

(Poesia delle domande inutili)

 

Cosa siamo.

Forse tutto,

forse nulla,

Forse qualcosa.

Forse un’illusione

O una speranza

O chissà.

Cosa cerchiamo,

cosa bramiamo,

cosa resta.

Forse un sogno,

forse un incubo

o un brutto risveglio

o un freddo giaciglio

o un tepore di luce lontana

o un lampo di vita passata

o due bianche ossa

o una foto sgualcita

o il ricordo di chi ci ama

o di chi ci ha amato

e ama e conosce ancora.

Dove siamo.

Forse in un granello di sabbia.

Dove andiamo.

Forse nel mare infinito

o nel vuoto,

nel tutto o nel nulla

o forse, obliati,

nel vortice del vento

che ci ghermisce ululando

e ci porta via

lontano

sempre più in alto,

dove il cielo si bacia col mare

dove il sole sorride

dove il sogno, forse, svanisce.

Cosa saremo.

Forse soltanto un miraggio

O un pallido fiore

In un mondo di tenebre.

 

*

 

RUANDA

Fuggo

dall’orrore.

Col cuore in gola

corro,

vincendo i crampi

della fame.

Davanti a me

il sole,

le stelle.

Dietro di me

l’odio,

le bombe,

i fucili imbracciati,

il sangue

e le lacrime

e le fosse comuni.

Corro.

Accanto a me

i corpi straziati

di vecchi

di bimbi

di donne.

Ho visto uomini

Cadere,

colpiti al cuore

e fra essi

mio padre;

ho visto donne

morire

seviziate

e fra di esse mia madre.

Fuggo.

Davanti a me

il sole.

Un giorno

un grido

si alzerà

da questa terra

scordata da tutti

e una preghiera.

“Uomo bianco

non dimenticare,

uomo bianco

non dimenticare,

uomo bianco

porta un fiore

e una lacrima sincera

sulle nostre tombe

anche se sono

soltanto

le tombe

di uomini

dalla pelle nera”.

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