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Il quarto stato (Giuseppe Pellizza da Volpedo)

I dati Istat dimostrano che la scuola, nonostante i tanti problemi che vive, costituisce uno dei fattori più importanti in grado di incidere sui livelli di occupazione. Le maggiori o minori possibilità di occupazione passano dai livelli di istruzione. Per tale motivo occorre garantire un diritto equo all’istruzione di qualità. Le rilevazioni statistiche dicono che nei comuni – dove la popolazione presenta un livello di scolarità inadeguato – coincidono, specie nel Sud, con i comuni dove manca il lavoro e che costringe anche chi ha un grado d’istruzione elevato a migrare nelle città del nord:

  • 2.014 i comuni con tasso di occupazione e di istruzione sotto la media.
  • 8 su 10 si trovano nel Mezzogiorno.

Appare del tutto evidente che i giovani che hanno lasciato precocemente la scuola troveranno gravi difficoltà nella ricerca di un’attività lavorativa. Infatti, il tasso di occupazione tra i giovani che hanno abbandonato la scuola è pari al 39 per cento, a fronte del 59 per cento dei coetanei che hanno conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore.

Questo scarto di punti 20 dimostra che l’istruzione fa la differenza ma non è il solo fattore. Occorre approfondire l’analisi per capire quali sono i motivi che incidono sui tassi di abbandono scolastico. Per esempio bisogna puntare lo sguardo sulla condizione della famiglia di origine e sui motivi economici e psicologici che incidono sull’abbandono.

Oggi infatti ad abbandonare la scuola sono soprattutto i giovani di famiglie svantaggiate. I tassi di abbandono spesso riflettono proprio la condizione familiare: 2,5 per cento tra i figli dei laureati, 24,1 per cento se i genitori hanno al massimo la licenza media.

Il fenomeno dei drop-aut come si vede risulta segnato da una condizione che si può dire ereditaria di conseguenza le politiche di intervento sociale dovrebbero essere capaci di spezzare il circolo vizioso. Ma né i centri per l’impiego, né i Comuni e nemmeno le scuole sono attrezzati.

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I dati (esclusiva de “La Voce del Nisseno”)

Bisogna anche dire che il legame tra accesso all’istruzione e possibilità di accesso al mondo del lavoro nel corso degli ultimi vent’anni si è rafforzato. Per esempio nel 2022 il tasso di occupazione dei neolaureati è aumentato di +7,1 punti (rispetto al 2021) arrivando al 74,6 per cento di laureati (da uno a tre anni occupati).

Ma c’è di contro che chi ha abbandonato gli studi precocemente, lasciando la scuola prima del diploma o di una qualifica, continua a mostrare un livello di occupazione assai basso. Tra i giovani tra 18 e 34 anni con il titolo massimo di licenza media il tasso di occupazione è sceso al 39 per cento. Una quota sebbene in crescita se si guarda il 2021, ma di 13 punti sotto rispetto ai livelli del 2007.

Garantire un diritto di accesso equo all’istruzione di qualità è essenziale soprattutto nel mezzogiorno dove in quasi 2 comuni su 3 i bassi livelli di istruzione si accompagnano ai tassi di occupazione inferiori alla media. Il Pnnr ha finanziato vari progetti per cercare di affrontare la questione ma da quello che si intuisce molte iniziative sembrano avere un valore simbolico, di presenza, ma senza avere la forza di sciogliere i nodi veri che, in molte aree urbane degradate, allontano le famiglie e gli alunni dalla scuola e dalla legalità.

PASQUALE PETIX

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