Si celebra nella notte della Passione una delle pagine più buie della nostra storia cittadina: la feudalizzazione dei servizi primari (intendo Istruzione e Sanità) da parte della vicina di casa, Enna, compartecipe istituzionale a progetti di area vasta almeno sino alla co-progettazione di Agenda Urbana.
Intendiamoci: una azione di reciproca solidarietà tra province che rappresentano tra i territori più desertificati demograficamente, economicamente e lavorativamente d’Italia è auspicabile e necessaria. Ciò che leggo dalle note di stampa è però assai distante dalla mia personale idea di politica dei diritti e delle opportunità e da uno spirito di collaborazione a cui si giunga attraverso passaggi espliciti e miranti al bene comune.
Così come ho sempre propugnato la partecipazione civica come scelta di senso per la costruzione di comunità sempre più consapevoli, coese e democratiche, non posso che sostenere una politica della condivisione tra Istituzioni nella costruzione di orizzonti comuni, legittimi e condivisi, per un rafforzamento nella differenza.
Nella vicenda dell’istituzione del quarto policlinico siciliano, si dovrebbero tenere in conto a mio parere tre diversi obiettivi: avere una sanità pubblica efficiente nelle aree interne, non sempre e non facilmente raggiungibili dalle vie di comunicazione primarie (autostradali e ferroviarie) e ancor più secondarie; arricchire con reparti a doppia vocazione, sanitaria e scientifica, l’offerta ospedaliera pubblica; consentire agli studenti di Medicina di avere accesso a reparti clinicizzati di vicino e qualificato riferimento.
Gli obiettivi sono importantissimi per la collettività e strategici per i territori. Proprio per questo motivo, mi sembra molto pericolosa la china anche comunicativa che sta prendendo l’argomento.
Ne sono chiaro indicatore termini come “rubare”, “battaglia”, “strali”, “campi minati”, “carte bollate”: l’argomentazione e la legittimità degli interventi vengono assorbiti da campanilismi politici che distraggono e confondono i cittadini, spingendoli a parteggiare con un tifo da stadio inappropriato.
C’è di certo una città, Enna, che da anni lavora al rafforzamento del proprio progetto di università privata i cui vertici hanno sinora stipulato contratti – e non assunto tramite concorsi di idoneità nazionale – per costituire équipe mediche su cui fondare la pretesa di un Policlinico (o, meglio, di reparti clinicizzati) a governance autonoma, ma che non ha un HUB ospedaliero di II livello, conditio sine qua non per la legittimazione dell’esistenza di un policlinico.
C’è di certo un’altra città, Caltanissetta, che propone e finanzia da 25 anni un corso di Laurea decentrato dipendente dall’Università di Palermo, in forza al Consorzio Universitario Nisseno, e in cui è presente un ospedale classificato come HUB di II livello, l’Ospedale Sant’Elia. La mediazione è nelle cose e non può che guardare alla composizione urgente di un tavolo corale di interlocuzione tecnica che abbracci Istituzioni diverse: la Regione, nella figura dell’Assessora alla Sanità e dell’Assessore alla Formazione; le conferenze dei Sindaci delle tre provincie centrali (includerei anche quella di Agrigento, dato che l’Ospedale Sant’Elia è il DEA di II livello più prossimo a molti comuni dell’agrigentino); i tre Rettori delle università pubbliche siciliane e il Rettore della Università privata Kore (poiché la creazione del quarto policlinico incide negli equilibri generali del sistema della offerta scientifico-sanitaria regionale); i vertici delle due Asp direttamente interessate; il Cefpas in quanto struttura regionale che ha statutariamente il fine di occuparsi di formazione anche universitaria.
Che un rappresentante politico, Luisa Lantieri, orienti verso l’abbandono di un percorso accademico consolidato (ossia la venticinquennale convenzione del Consorzio Universitario Nisseno con UNIPA), per abbracciarne un altro nella totale assenza di tavoli di discussione tra Rettori è irrituale e rivelatore di un atteggiamento di imposizione di scelte, consumatesi fuori da una comunità e fuori da una grammatica istituzionale in cui viga la regola delle scelte comuni e non delle invasioni a casa d’altri.
Si usa dire che in politica gli spazi vuoti vengano sempre riempiti; in questo caso non si può che concordare, ricordando i silenzi, se non le ostruzioni più o meno evidenti, della nostra classe politica più esperta e di lungo corso durante il progressivo e trasversale disfacimento nei fatti dei reparti del Sant’Elia, così come le rapsodiche e tentennanti apparizioni di quella attuale.
A Caltanissetta, forse tardivamente, non resta molto in mano se non volenterose associazioni di cittadini che cercano con ogni determinazione e volontà interlocuzioni politiche a più livelli (locali, regionali, nazionali), pregando nel giorno della Passione di non dover cercare sempre più nella sanità privata ciò che i propri tributi garantiscono sempre meno e di non dover pagare le esose tasse ad una formazione universitaria privata, rinunciando ad un percorso consolidato con un Ateneo pubblico.
Il rischio che pavento possa essere corso in un futuro non troppo lontano è, infatti, che il progressivo decrescere dell’offerta sanitaria nissena di questi ultimi anni (ad oggi priva di quattro unità complesse), possa costituire un precedente per ulteriori non auspicabili detrimenti per il territorio tutto.
Marina Castiglione
(Professoressa ordinaria di Linguistica italiana UNIPA)
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