Dopo il Trapianto di Barnard, la nuova sfida della Medicina Moderna: i cuori artificiali che si alimentano non più con strumenti esterni ma con sistemi permanenti Interni al corpo stesso.
È stata definita la seconda sfida nel campo della Cardiologia moderna dopo l’esperienza di Barnard. Si tratta infatti di un progetto nato attraverso la figura dell’ingegnere Paolino Pio Mattina, dottore in Ingegneria dell’Innovazione per le imprese Digitali, già noto per alcune invenzioni in vari ambiti della tecnologia.
L’ultima idea partorita già anni fa ma solamente nei giorni nostri resa pubblica per l’appunto è un sistema elettro-cardiaco atto ad alimentare cuori artificiali, strumenti impiantati all’interno di pazienti con gravi insufficienze di funzionalità cardiache. A credere nell’ambizioso progetto, vi è il noto professor Giuseppe Alfio Leonardi il quale esercita la professione di cardiologo presso l’eccellente Complesso Ospedaliero Universitaria Policlinico G. Rodolico – San Marco di Catania, fondamentale figura sia per delucidazioni dal punto di vista cardiologico, tecnico sui cuori artificiali moderni ma anche una volta completata l’opera da punto di vista “fisico-funzionante”, un forte contributo per la sperimentazione.
Oltre al fondamentale contributo del cardiologo catanese, diverse giovani figure a credere nel progetto e a dare il loro contributo: il dottor Giuseppe Landro, 26 anni, di Sutera, laureatosi presso l’Università degli Studi di Palermo sede di Caltanissetta e la dottoressa Ludovica Manzitto, 28 anni, di Lentini, laureatasi presso l’Università degli Studi di Catania (entrambi con il massimo dei voti ed ad oggi specializzandi nel reparto di Medicina Interna presso il Policlinico G. Rodolico di Catania).
I giovani medici hanno anch’essi contribuito a fornire informazioni di carattere medico a Mattina per capire nei migliori dei modi come destreggiarsi all’interno della macchina complessa che è il corpo umano. Infine ma non meno importante, l’intervento del dottor Domenico Marchica, 23 anni, di Agrigento, che ha conseguito la laurea triennale in Biotecnologie con curriculum del corso in “salute” presso l’Università degli Studi di Ferrara e ad oggi è studente per conseguire la Magistrale in Neurobiologia presso l’Università degli Studi di Parma.
Leonardi dichiara: “Ho voluto scommettere sull’idea di Mattina perché rappresenta (se va tutto bene) un grande passo avanti per la medicina, la seconda sfida dell’uomo dopo l’esperienza di Bernard con il primo trapianto di cuore. Di sicuro il nostro obiettivo non è semplice, Paolino ha posto una nuova forma di risoluzione alla sfida della Cardiologia e Cardiochirurgia. Oggi i pazienti non hanno vita facile, e i tempi d’attesa per un trapianto cardiaco sono condizionati dalla risposta alla compatibilità dell’organo. Il nostro obiettivo è quello di migliorare la qualità di vita, evitando i problemi che accidentalmente accadono, vedremo nei prossimi mesi l’evolversi del nuovo sistema, al momento denominato ‘Andrea’ e successivamente provarlo sul campo.”
Mattina afferma: “Andrea, un nome a me molto caro! Quando iniziai a pensare nel lontano 2016 a questo progetto, non credevo minimamente che un giorno sarebbe arrivato a questo punto. Nulla da togliere alle mie vecchie invenzioni che comunque rimangono sempre al passo dei problemi odierni (il caro energia), ma a questo nuovo inizio ho un legame particolare. Il sistema concepito per migliorare le condizioni di vita di un paziente in lista per un trapianto cardiaco, mira nel vero senso della parola ad ‘allungare’ e ‘migliorare’ la vita del sottoposto a VAD o LVAD. Fino ad oggi i cuori artificiali sono stati e sono alimentati attraverso dei sistemi elettrici esterni al corpo umano, l’idea fu concepita mentre ero a Roma presso il Bambino Gesù. Mi ritrovai in una situazione un po’ critica, ovvero arrivò una ragazza che mentre era a scuola per l’intervallo, il cavo che fuori usciva dall’addome (il collegamento cuore-impianto di alimentazione) era fuoriuscito dall’addome della ragazza, vi lascio immaginare le conseguenze”.
Si ferma e riprende a raccontare: “Allora iniziai a pensare ad un sistema da istallare all’interno del corpo per venire meno a questi momenti spiacevoli e al tempo stesso migliorare le attività funzionali dell’impianto e ridurre a zero i rischi di eventuali imprevisti. Dopo anni andai a Catania e parlando con il professor Leonardi esternai l’idea, da quel momento iniziò una amichevole collaborazione per provare a mettere in funzione il trovato. Nel mentre chiedevo consigli e spiegazioni in ambito anatomico al mio caro amico d’infanzia, il dottor Giuseppe Landro che incoraggiandomi all’idea mi forniva nel tempo informazioni rivelate preziose”.
Continua Mattina: “Oltre a lui, grazie ad un incontro Rotaract conobbi la dottoressa Manzitto e il dottor Marchica i quali anch’essi presi dall’entusiasmo mi fornirono parametri importanti sia dal punto di vista della Fisiologia che dal punto di vista dei Materiali utilizzati oggi nell’ambito medico. Non penso che brevetterò questa idea, penso che sarà depositata una paternità per l’opera d’ingegno, del resto la mia storia m’insegna che i grandi gesti possono salvare e migliorare delle vite”.
E conclude: “Questo è il mio dono a tutte le persone che purtroppo versano in condizioni critiche, in oltre non posso permettere una remunerazione economica per migliorare la vita di una persona. Tutte le persone che ho incontrato lungo questo cammino (il professor Leonardi, i dottori Landro e Manzitto, il dottor Marchica ed il mio team di laboratorio si sono fidati di me, tutte le persone sui quali verrà impiantato il sistema si fideranno di me in modo indiretto. Ecco questo è il mio più grande guadagno”.
Marchica osserva: “Il progetto dell’ingegner Paolino Mattina, ‘Andrea’, ovvero lo studio di un elettrostimolatore cardiaco interno è una grande sfida per l’attuale medicina in ambito cardiologico e cardiochirurgico. Alla luce dei recenti successi in questo campo, tramite il sempre più raffinato studio e lavoro condotto sull’ormai conosciuto e affidabile VAD (Ventricular Assist Device); è una pompa elettromeccanica per sostenere la circolazione sistemica, e quindi a supporto del ventricolo sinistro, si è riusciti ad allungare e, di conseguenza migliorare, la qualità della vita del paziente con grave scompenso cardiaco in attesa di trapianto aumentando così l’aspettativa di vita di tanti soggetti”.
“Naturalmente l’effetto ‘vicariante’ della VAD ha come contraltare la presenza di alcuni impedimenti fisici, i quali non consentono una vita ‘libera’ (basti immaginare l’assoluta impossibilità di immaginare un qualsiasi contatto con l’acqua per chi è un utilizzatore di tale tecnologia, anche una semplice doccia richiede l’utilizzo di un apposito kit che serve a proteggere la bretella di sostegno dell’apparato di alimentazione esterno dal contatto con l’acqua), vi è anche la necessità di una particolare attenzione alla sicurezza igienica dell’impianto – prosegue Marchica -. Ad oggi il VAD (si impianta all’interno del corpo mediante un intervento cardiochirurgico) viene alimentato dalle batterie (poste all’esterno del paziente) da un filo che esce dal corpo del paziente, con conseguente rischio di infezioni nel caso in cui non vi fosse un’accurata pulizia del sito di ‘ingresso’ di questo filo”.
“Con il progetto ‘Andrea’ dell’ingegner Mattina, si sta studiando una sorta di alimentatore interno per VAD o LVAD, utilizzando una tecnologia che consenta di restituire al paziente la quasi totalità della libertà negli spostamenti e quindi un miglioramento della vita quotidiana, poiché non esisterebbe più il problema del collegamento con l’alimentazione esterna, essendo l’energia necessaria per l’alimentazione del VAD, generata dal VAD stesso – sottolinea ancora -. Per quanto il progetto sia in fase embrionale, esso è estremamente promettente poiché ci consente di immaginare un salto generazionale tra gli attuali VAD e un VAD autosufficiente, quindi con una maggiore possibilità di supplire con la bioingegneria e le biotecnologie a quei deficit della meravigliosa macchina che è il corpo umano”.
“Purtroppo non siamo oggi nelle condizioni di creare un apparecchio che possa vicariare in maniera completa, ma il progetto ‘Andrea’ ha una visione futuristica, ma realizzabile, del perfezionamento di una tecnica già esistente che garantirà ‘buoni’ risultati che consentiranno di vivere la vita quotidiana anche in quei casi che ieri erano disperati, oggi sono trattabili e domani saranno ‘guaribili’ – aggiunge -. Personalmente credo che sia l’avvicinamento a una nuova frontiera della medicina, dove il paziente finalmente possa riprendersi in mano la sua vita, diventando sempre più indipendente dai supporti esterni attualmente necessari, prima di raggiungere ciò che considero il vero punto di svolta della medicina, ovvero il sempre maggiore impiego della bioingegneria e della biotecnologia che, nel futuro, ci consentiranno di ricostruire interamente parti di tessuto danneggiate”.
Ed infine: “Già oggi, grazie alla biotecnologia sviluppata in questo secolo in Giappone siamo nelle condizioni di partire da cellule della pelle e ‘riprogrammarle’ in cellule ‘pluripotenti’, che possono essere in grado di ‘ricreare organi’ eliminando il rischio di rigetto, ed evitando anche le questioni morali che fino ad oggi hanno accompagnato l’uso delle cellule staminali embrionali”.
Ludovica Manzitto: “Senza dubbio ‘Andrea’ è un progetto ambizioso, a momenti visionario. Un nuovo sistema di alimentazione per cuori artificiali, il primo prototipo di corpo e macchina fusi insieme. Sicuramente se andasse in porto, questo significherebbe un grande passo avanti per la scienza e per la medicina. Ma davvero ‘Andrea’ è solo questo? Certo che no. ‘Andrea’ è molto di più. ‘Andrea’ nasce come un’occasione, un’opportunità per tutti i pazienti che sono in attesa di un trapianto cardiaco. La vita di chi aspetta un nuovo cuore non è semplice. La paura di non sopravvivere, la continua angoscia, l’attesa per una chiamata che potrebbe non arrivare mai, i farmaci, i continui controlli, l’impossibilità di svolgere anche quelle semplici e piccole azioni che rendono la vita bella da vivere”.
La dottoressa Manzitto riprende: “’Andrea’ per come progettato da Paolino avrebbe la possibilità di garantire una vita più serena a questi pazienti. Potrebbe essere quella nave della speranza che ti traghetta ad un porto sicuro. Da medico mi sento di dire che la qualità di vita di un paziente, purtroppo spesso dimenticata, è invece fondamentale, e dovrebbe essere messa sempre al primo posto. Al mio amico Paolino auguro di non fermarsi mai, di continuare a lottare per i suoi sogni, ed io sarò sempre pronta a dargli il mio sostegno qualora ne avesse bisogno. Il suo è un progetto speciale, il dono di un guerriero ad altri guerrieri. Perché come disse Picasso: il senso della vita è quello di trovare il vostro dono. Lo scopo della vita è quello di regalarlo”.
Giuseppe Landro termina: “Sono fiero di avere dato un piccolo contributo al progetto di un mio caro amico che spero potrà, in futuro, migliorare la vita di molte persone”.
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