Ci sono persone che ci sembrano essere immortali. Perché sono talmente piene di vita che pensi che la morte non li toccherà mai.
È così che ti vedevamo Peppe. Un punto di riferimento fermo per la famiglia e gli amici, un filo che ci teneva uniti tutti nelle gioie e nei dolori. Coi racconti del salone, delle lotte del Partito Socialista, dei ragazzi che lì hai fatto crescere, cui ha insegnato un mestiere e a non abbassare mai la testa.
Tra questi c’era mio padre e i suoi amici più cari, che sono stati e sono per me una vera famiglia. E tra questi c’era Peppe, l’avvocato Dacquì di cui parlavi sempre con la fierezza di un fratello maggiore con la luce negli occhi, dicendo “Peppe Dacquì di cca intra niscì”.
Anche se il dolore è immenso per avere perso un’anima rara e bella, non riesco a non sorridere nel pensare che abbiamo goduto a pieno della tua persona nobile. Perché “signori si nasce”, diceva il tuo amato Totò.
Le serate in campagna col fuoco a legna e la chitarra, una telefonata per invitarti a bere un caffè perché ero tornata in paese per qualche giorno, così ti aggiorno di cosa sia successo negli ultimi mesi, le chiacchierate su come i tuoi tempi erano più sinceri e sull’amarezza di come il mondo stia andando a rotoli.
Ho imparato il senso dell’amicizia, di quella che ieri ha tenuto me, Giada, Flavia, Denise, unite per confortarci le une con le altre. Hai costruito un’altra famiglia, che custodiremo come la tua più bella eredità.
In questo periodo in cui ci sentiamo tutti un po’ più smarriti, il ricordo di come hai vissuto la tua vita, a pugno chiuso e a muso duro, sarà il nostro punto di riferimento per sempre.
Grazie Peppe, ti abbiamo voluto un gran bene. Buon viaggio.
VERDIANA MORREALE
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